La retorica neocon non salverà Donald Trump

Dopo la chiusura dei 3 consolati russi a San Francisco, la retorica guerrafondaia su Iran, Corea del Nord, Venezuela e Siria espressa ieri all’ONU è un altro passo verso il suicidio politico di Donald Trump.

Cercare di accattivarsi, con queste minacce degne del peggior eccezionalismo statunitense, la componente neocon bipartisan interna al Congresso e al deep state, lasciando gestire l’agenda di politica estera a militari quali James “Mad Dog” Mattis, Herbert Raymond McMaster e James Kelly e silurando quella parte di amministrazione di scuola repubblicano-jacksoniana che lo aveva sostenuto in campagna elettorale e difeso quando sia il mainstream compatto che le grandi corporate lo attaccavano perché “elemento asistemico”, è solo infantile ingenuità.

Dai falchi guerrafondai come Lindsey Graham, Robert Kagan, Paul Wolfowitz e il morente John McCain, atteggiamenti simili non saranno visti come segni di ragionevolezza e coesione, bensì di debolezza, ragion per cui daranno loro adito di sferrare il colpo buono al momento opportuno; l’impeachment o la defenestrazione.

E quando esso arriverà – perché arriverà – lui sarà solo ed abbandonato perché scaricato anche dai suoi vecchi collaboratori, traditi per mancanza di polso. Steve Bannon, poco prima di lasciare la Casa Bianca e ritornare a gestire le pagine di Breitbart News, la disse giusta; “la presidenza Trump per la quale abbiamo combattuto è finita.”

(di Davide Pellegrino)