Cernunnos, l’antico dio cornuto della natura selvaggia e degli animali

Uno degli oggetti che sicuramente colpisce di più l’attenzione dei visitatori che si recano al Museo Nazionale Danese di Copenaghen è il famoso Calderone di Gundestrup. Si tratta di un manufatto di artigianato celtico della tarda Età del Ferro – fine del II secolo a.C. – portato in Danimarca come offerta rituale da alcuni guerrieri germanici. Composto principalmente da pannelli d’argento decorati, il calderone ha una circonferenza di quasi 70 cm e un’altezza di 42. La notorietà del reperto è data soprattutto dalle scene incise su di esso, dove si alternano immagini di guerrieri celti e rappresentazioni religiose. In una di queste – forse la più famosa – possiamo ammirare una strana figura antropomorfa; essa è seduta a gambe incrociate, regge un serpente nella mano sinistra e un torque con la destra, sulla testa porta delle corna di cervo.

A quasi 1500 km di distanza dalla Danimarca, nella Val Camonica bresciana, ritorna l’enigmatica figura cornuta. E’ stata incisa nella pietra dagli antichi popoli camuni, tre secoli prima della realizzazione del Calderone di Gundestrup. Altre sue rappresentazioni possono essere trovate in diverse città francesi – una di queste fu scoperta fra le fondamenta della Cattedrale di Notre-Dame – e in Gran Bretagna. Lo strano essere cornuto altri non è che il dio Cernunnos, entità molto importante del pantheon celtico e spirito protettore degli animali, della natura e della fertilità.

Il Dio Cornuto era sicuramente adorato in tutta la Gallia, in Italia Settentrionale – sia sull’arco alpino che in Pianura Padana – e in parte della Britannia. Sebbene figura essenziale della mitologia celtica, è probabile che la sua origine sia ben più antica e misteriosa. Diverse rappresentazioni di questa divinità sono infatti state trovate anche in siti archeologici di epoca paleolitica e in contesti lontani dalla cultura celtica. Cernunnos era forse un’antica entità pre-celtica, legata al mondo dello sciamanesimo e dell’animismo. La sua stessa rappresentazione come spirito divinizzato degli animali maschi – il cervo soprattutto – e della natura lo rende diverso dagli altri Dei celtici più moderni e umanizzati.

Se la divinità è di origini arcaiche, il nome con cui è conosciuto è di chiara derivazione celtica. Cernon è infatti il corno in lingua gallica, e dalla stessa radice deriverebbero anche i nomi delle tribù Carnuti e Carni, nonché il termine carnyx, che indica il particolare corno da guerra dei Celti. Si può quindi semplicemente tradurre Cernunnos con “divinità maschile cornuta”. Nonostante la sua ampia diffusione geografica, l’iconografia del dio è pressoché uguale in tutte le sue rappresentazioni, dall’Italia al Nord Europa. Cernunnos viene solitamente rappresentato come un uomo adulto – o anziano – dotato di una lunga barba e solitamente accovacciato al suolo. Una posizione che forse serviva a renderne subito evidente la natura spirituale, o sciamanica. L’attributo ovviamente più caratteristico e importante sono le corna da cervo, il suo simbolo. In molti casi la divinità indossa anche un torque – il tipico collare celtico – al collo.

Il dio Cernunnos viene spesso rappresentato in compagnia di altri animali. Il più diffuso di questi è ovviamente ancora una volta il cervo, ma ci sono immagini della divinità anche assieme a tori, cinghiali, caproni e lupi. Si tratta – in tutti i casi – di animali fortemente legati al mondo della natura, della forza animalesca e della sessualità maschile. Enigmatico è invece ciò che il Cernunnos del Calderone di Gundestrup stringe nella mano sinistra: un grosso serpente, anch’esso cornuto. Si è ipotizzato che la serpe possa essa stessa essere una qualche divinità naturale o sciamanica. In epoca romana – nelle località dove i culti celtici sopravvivono – Cernunnos inizia a essere rappresentato abbinato a monete o a borselli. La fecondità del dio non è più quindi solo quella sessuale e fisica, ma anche quella economica e sociale.

Con la conquista delle Gallie da parte dei Romani il dio Cernunnos dunque non scompare del tutto. In molti casi viene infatti inglobato all’interno del pantheon latino, sia mantenendo la sua specificità sia venendo identificato con alcune divinità romane. Il suo nome compare sul cosidetto Pilastro dei Barcaioli, conservato presso il Museo Nazionale del Medioevo di Parigi. Risalente al I secolo d.C., oltre a Cernunnos vi possiamo trovare Giove, Vulcano, Castore e Polluce. Si tratta di un chiaro esempio di sincretismo religioso e culturale, molto diffuso nelle Gallie ormai romanizzate. Ma Cernunnos riuscirà a sopravvivere anche una minaccia ben più insidiosa per la sua identità: l’arrivo del Cristianesimo. Il santo Cornelio, molto venerato nella Bretagna medievale – non a caso zona dalla profonda identità celtica – ha fatto propri numerosi attributi di Cernunnos. Viene spesso infatti rappresentato nell’atto di benedire cervi e tori, e nella regione di Carnac è considerato il patrono degli animali dotati di corna. Diverse festività a lui dedicate onorano la natura e la fertilità, proprio come gli antichi abitanti di quelle terre facevano con Cernunnos.

Cernunnos è una divinità molto antica e misteriosa. Sciamano e spirito della natura, il Dio Cornuto affonda le sue radici nella Preistoria, ha raggiunto il suo culmine col mondo celtico ed è sopravvissuto alla conquista romana e all’arrivo del Cristianesimo. Egli è il dio dei boschi e della natura selvaggia, protegge ed è protetto dalle creature che vi abitano. Il suo spirito è antico e solido, come antiche e solide sono le rocce su cui i nostri antenati lo hanno scolpito e venerato. Cernunnos è anche il simbolo di uno stile di vita semplice e rispettoso dell’ambiente che ci circonda, legato al ciclo delle stagioni e alla caccia come sopravvivenza. Uno stile di vita forse destinato a scomparire, ma ben radicato nel nostro DNA di esseri umani.

(di Andrea Tabacchini)