Chiesa e immigrazione: il caso Biancalani

Massimo Biancalani: questo il nome del religioso salito agli onori delle cronache nelle ultime settimane a causa della notorietà conferitagli da Matteo Salvini. Il Segretario federale della Lega Nord ha infatti deciso di condividerne un post sul proprio profilo Facebook, additando il prelato come “anti-leghista”, “anti-fascista”, e “anti-italiano”.

Nel contenuto in questione, responsabile della discordia, il sacerdote della Diocesi di Pistoia pubblicava le foto di alcuni ragazzi gambiani intenti a trastullarsi in una piscina, accompagnando il reportage con la seguente didascalia: “… e oggi… PISCINA!!! Loro sono la mia patria, i razzisti e i fascisti i miei nemici!”. I giovani fanno parte del nutrito gruppo di immigrati, richiedenti asilo e non meglio catalogabili individui allogeni ai quali Biancalani da tempo offre ospitalità e ricovero, destreggiandosi agilmente tra i più svariati progetti di accoglienza ed integrazione. Fin qui, tutto sommato, niente da segnalare.

Il senso comune probabilmente non dovrebbe eccepire nulla nel considerare dei ragazzi che decidono di passare un pomeriggio di svago dedicandosi a delle attività ricreative, siano essi italiani, bengalesi o marziani. Tale accadimento ha però come sappiamo alzato un bel polverone, anche in ambito politico. La grande baruffa tra i “coccolamigranti” e gli esponenti del “tutti a casa” ha conosciuto un nuovo episodio, fino a portare alcuni esponenti locali di Forza Nuova a partecipare ad una Messa di Don Biancalani, probabilmente al solo scopo di esercitare della pressione nei suoi confronti.

Da qui in avanti i fatti sono ben noti, i lupi famelici che compongono il postribolo massmediatico di casa nostra hanno pensato bene di non lasciarsi sfuggire un’occasione tanto ghiotta: ospitate televisive, inchieste giornalistiche ed una schiera di agguerriti naziprogressisti chiamati a raccolta per dipingere Don Massimo come un concentrato di purezza, candore, disillusione ed altruismo, fatto oggetto delle xenofobe rivendicazioni dei brutti, sporchi e cattivi fasciopopulisti.

In effetti, le credenziali per apparire appetibile al consorzio dei semicolti il Parroco di Vicofaro le possiede tutte. Basta dare una sbirciata al suo profilo Facebook, grazie al quale è divenuto una piccola celebrità sul web, arrivando a vantare centinaia quando non addirittura migliaia di likes e shares. Leggendo gli status che compone e soffermandosi per un attimo in contemplazione dei contenuti che elargisce, ci si potrebbe facilmente confondere e credere per un attimo di avere a che fare con i canali social di Luca Casarini, o di ‘O Zulù dei 99 Posse. Tra un “#FreeJuventa”, una citazione di Don Gallo ed uno sperticato elogio della fu sindaca Giusi Nicolini, Biancalani sembra infatti avere consacrato la propria esistenza e, occorrenza di una gravità inaudita, anche il proprio sacerdozio alla causa immigrazionista.

La sensazione è davvero forte, anche e soprattutto perché tra le personalità ora enumerate e verso le quali il nostro dichiara di nutrire una stima sconfinata risulta anche il principale rappresentate delle istanze mondialiste in Italia, la triturafeti Emma Bonino. Una donna con un curriculum talmente anticattolico che farebbe invidia perfino alle bestie di Satana. Eppure, il presbitero in questione, pur di difendere con arroganza le proprie posizioni, non prova vergogna alcuna nel richiamarsi esplicitamente a qualcuno che durante la propria militanza politica si beò di praticare delle interruzioni di gravidanza aspirando con delle pompe da bicicletta i futuri nascituri dai ventri delle madri. Una donna che oggi si attesta come il più strenuo sbandieratore del famigerato “Grand remplacement”, presentando come indifferibile l’ingresso di milioni di sbandati in Italia da qui ai prossimi anni, poiché “Abbiamo un problema demografico”.

Santa donna, se avessi ucciso qualche bambino in meno oggi avremmo avuto degli italiani in più. O no? Qualcuno che, per farla breve, al pari di pochissimi altri ha contribuito in misura imponente a veicolare quella “dittatura del relativismo“ fortemente condannata da Benedetto XVI, spianando il terreno ad una dissoluzione materiale e spirituale che sta mettendo in ginocchio un intero Paese, ponendone a serio rischio la sopravvivenza.

Ora, in tutta onestà, Don Massimo potrebbe asserire senza timore di essere smentito di non avere esulato dalle prerogative di cui si assunse la responsabilità professando i voti? Come direbbe qualcuno, la domanda sorge spontanea. Ci si chiede infatti se sia lecito per un sacerdote cattolico esercitare un attivismo tanto sfacciato a favore della causa globalista e mondializzatrice, propalando, nel caso di specie, delle folli politiche in materia di immigrazione attraverso lo spauracchio dell’amore verso il prossimo, senza dubbio il più strumentalizzato tra tutti gli insegnamenti della Chiesa. È proprio il caso di dirlo: che Dio ci aiuti.

(Di Giovanni Rita)