Delirio democratico: quando il PD esultava per Macron

Benvenuti al gran circo macronista italiano. Le elezioni di maggio avevano concretizzato la salita all’Eliseo del candidato dell’establishment europeista, l’Europa che nella testa dei nostri politici – e solo nella loro – dovrebbe essere della solidarietà, dei migranti spartiti, della pace, dell’amore e della democrazia.

Il signor Macron sorprende in positivo, non possiamo negarlo: ma lo fa – giustamente – con i francesi, non certo con gli italiani. Ai quali frega senza troppi complimenti gli interessi in Libia, ai quali lascia orde di immigrati chiudendo le frontiere, ai quali comunica un benservito della peggiore specie.

La cultura e la politica italiana di sinistra hanno smesso di esultare. Eppure erano così felici! Subito dopo le elezioni presidenziali, la più entusiasta del “pericolo populista scampato” è – guarda un po’ – quel faro ideologico che risponde al nome di Laura Boldrini.

Il fascismo è stato sconfitto, viva l’Europa. Laura, come sempre, non sbaglia un colpo. Paolo Gentiloni, il nostro prepotente presidente del Consiglio, è sulla stessa linea.

La speranza. Che bella parola. Nello strano corto circuito del mondo sinistrato italiano, la speranza è lavorare perché altri Paesi facciano i loro interessi a discapito dei nostri. E Renzi? Non può che esprimere un entusiasmo incontenibile. Ovviamente sempre pieno di speranza!

Anche Gianni Pittella non scherza però. Lui la speranza l’ha sempre coltivata. Quella di distruggere il Sud in particolar modo, ma se gli danno tutta l’Italia mica rifiuta.

Ed Enrico Letta? È a Parigi, esultante e colmo di gioia. Che emozione!

Chiudiamo con questa meravigliosa dichiarazione di Enrico Mentana, ormai vero eroe dell’esterofilismo italiano, qualche giorno fa sui social. Perché Mentana? Non è un politico ma rappresenta, ad oggi, il simbolo della cultura che ci conduce a questi disastri. La stessa cultura che strepita contro identità, patriottismo (che chiama nazionalismo in modo strumentale oltre che inutile), cultura, confini e difesa del territorio, e poi, quando l’evidenza li prende a botte senza alcuna pietà, piangono. O meglio, fanno finta di piangere. Visto che hanno – di fatto – lavorato per tutto questo, senza nessuna pietà o pentimento.

Mi piacciono troppo questi dispensatori di cultura anti-nazionale che solo in “punto di morte” si rendono conto che “forse” qualcosa non va, impedendo però lo sviluppo di tutto il precedente che può ostacolare il coma in cui ci troviamo. Li adoro. “Siamo perfino in grado di farci rispettare” è ovviamente una frase completamente inutile, se non è preceduta da un’idea pervasiva, onnicomprensiva dell’interesse italiano.

Anni a predicarci che i migranti devono essere accolti, che possiamo produrre “nuovi italiani” come se piovessero, che i confini possono essere aperti quando pare, che l’Italia non può avere un governo forte e decisionista, che un leader è il male, che la difesa della cultura italiana è razzismo, che una scuola rigida e meritrocratica è fascismo, che il patriottismo e il nazionalismo sono cose diverse, poi quando siamo lì sull’orlo del precipizio “eh beh, ma dobbiamo farci rispettare!”.

Come diamine dovremmo farci rispettare se per decenni non si fa altro che costruire cultura anti-italiana, negando pure evidenze lampanti? Sempre, comunque, con una continuità impressionante. È come riempire un bicchiere di latte fino all’orlo, farlo cadere versandolo sul pavimento della cucina e poi lamentarsi pure “per dindirindina, ma stiamo attenti!”.

Ci sarebbe da chiudere con qualche parolaccia, ma per quelle potete tranquillamente dare uno sguardo alla mia pagina facebook. Come già augurato in questi giorni, andate al mare e divertitevi. Sempre che non veniate assaltati da qualche centinaio di clandestini che si aggirano per la spiaggia, potreste anche riuscire a rilassarvi.

(di Stelio Fergola)