Anna Tuv a Verona. Il suo racconto della guerra nel Donbass

A Verona, in una sala in prossimità di piazza Bra, a pochi passi dell’arena, nella giornata del 6 luglio i riflettori dei media scaligeri si sono posati sulla tragedia del Donbass, l’occasione è sorta dalla presenza esclusiva di Anna Tuv di passaggio in città.

Anna Tuv, di Gorlovka (città non lontana da Donetsk, attualmente all’interno della Repubblica Popolare di Donetsk), è diventata un’icona vivente della guerra del Donbass. La sua è una vita distrutta, una vita per sempre segnata nel corpo e nell’animo; una delle tante, una goccia nell’oceano di sofferenza di una guerra dimenticata. Sulla sua vita, sul suo corpo, porta le stigmate indelebili della violenza che ormai da tre anni insanguina le regioni orientali dell’Ucraina. Una guerra scatenata dall’attuale governo di Kiev arrivato al potere in seguito al golpe di Euromaidan, che ha già causato decine di migliaia di morti tra la popolazione civile del Donbass.

Anna Tuv assieme al figlio

 

Durante la conferenza stampa con visibile emozione, mostrando molte foto: anziani, donne, bambini, uccisi, fatti a pezzi dalle bombe, ha raccontato il dramma che grava sulla popolazione civile del Donbass, vittima, ogni giorno, di una brutale violenza da parte delle milizie ucraine sostenute dalla NATO, senza lesinare su dettagli talmente raccapriccianti, che solo la loro trascrizione susciterebbe un senso di  nausea.

La conferenza stampa è stata promossa, oltre che dall’Associazione Culturale Veneto Russia, anche da Mauro Murgia rappresentante italiano dell’Ossezia del Sud e dalla sua collaboratrice Annamaria Deoni, presente anche l’avvocato Gualtiero Mazzi presidente del Co.Re.Com. Veneto.

Nell’incontro Anna è stata accolta e presentata da un esponente della nuova amministrazione comunale di centro destra (uscita vincente dai recenti ballottaggi), il consigliere comunale della Lega Nord Vito Comencini, coordinatore del movimento “Giovani Padani del Veneto”. Vito Comencini che per ben due volte si è recato a Donetsk, è testimone oculare del livello di distruzione e della sofferenza che le milizie di Kiev stanno infliggendo alla martoriata città di Donetsk, da qui la sua sensibilità, la sua vicinanza al dramma di questa guerra.

Vito Comencini assieme a Eliseo Bertolasi

 

Un cambio di direzione di 180° rispetto alla precedente amministrazione, se solo valutiamo l’attribuzione della cittadinanza onoraria al presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko da parte dell’ex-sindaco di Verona Tosi. Tra le priorità del neo consigliere comunale, senza dubbio, anche quella di togliere al più presto questo “premio” a Poroshenko.

La stessa Anna Tuv quando è venuta a sapere di una tale “onorificenza” conferita al presidente ucraino ha avuto una reazione di assoluta incredulità, di stupore, di ribrezzo..  comprensibile,  se consideriamo la tragedia che lei a subito a livello personale a causa delle bombe ucraine. Raccontare, per lei, ogni volta è come rivivere quei momenti terrificanti. L’impressione è che sotto i suoi occhi tristi tornino a scorrere quei fotogrammi da incubo; non un brutto sogno che svanisce col risveglio, ma un’orrenda realtà che sta per cominciare.

Era il 26 maggio del 2015, una bomba lanciata dall’esercito ucraino sulla sua casa, a Gorlovka, in un istante le ha spazzato via la sua vita tranquilla di moglie e di giovane mamma. Una vita pacifica che Anna aveva sempre cercato di preservare nonostante la guerra che imperversava intorno a lei. “Sopra di noi, un’ora prima di colpirci, abbiamo visto volare un drone ucraino, ci ha sorvolato, hanno visto i bambini che correvano nel cortile. Poi ci hanno colpito, uccidendo mio marito e la mia figlia Katya di soli undici anni.

Sotto le bombe ucraine Anna, non solo ha perso il marito, e la figlioletta, ma l’esplosione le ha anche dilaniato in maniera irrecuperabile il braccio sinistro.

Subito dopo la sciagura, in suo aiuto, si è mobilitata una straordinaria catena di solidarietà da Donetsk, alla Russia, fino all’Italia. Dall’Italia Ennio Bordato presidente dell’Associazione “Aiutateci a Salvare i Bambini” (www.aasib.org) si è subito attivato per garantirle supporto e una protesi adeguata al braccio sinistro. Grazie ai suoi ripetuti appelli e alla sua determinazione in breve è riuscito a raccogliere l’ingente somma di 25.000 euro, pari al costo dell’impianto di una modernissima protesi mioelettrica.

Anna con la protesi acquistata grazie agli aiuti raccolti

 

Questa sfida si è concretizzata nel febbraio di quest’anno quando, dopo aver risolto tutti i problemi burocratici relativamente all’ottenimento del visto, Anna, finalmente, ha potuto raggiungere la tanto agognata Italia per l’impianto della nuova protesi presso uno dei migliori centri europei, il centro protesi INAIL di Budrio. Ora, grazie al buon cuore di molti italiani, Anna ha la gioia di abbracciare ancora “a due mani” i suoi due figlioletti. Alla tragedia, grazie a Dio, sono sopravvissuti la figlioletta Milana di sole due settimane di vita miracolosamente estratta da sotto le macerie e il figlioletto Zakhar, di due anni, che ancor oggi lamenta problemi in seguito ai traumi e alle ustioni riportate al momento dell’esplosione.

Il problema più grande è stato l’ottenimento dei documenti idonei per raggiungere l’Italia. Dal suo racconto si viene a sapere che da parte dell’Ucraina, ovviamente, non ha mai ricevuto alcun aiuto, nemmeno una parola di cordoglio, o di “umana” solidarietà, ma solo ingiurie, insulti sia verso di lei ormai schedata da Kiev come “terrorista” (definizione alquanto ridicola se si considera che ha un solo braccio), sia verso la sua figlioletta uccisa alla quale sono stati indirizzati appellativi talmente ripugnanti che l’umana decenza e il rispetto verso i morti m’impedisce di riportare per iscritto.

Tuttavia anche se abbandonata dall’Ucraina, Anna ha potuto ottenere nuovi documenti da parte della Federazione Russa con lo status di rifugiato, e ora vive a Mosca.

Se solo proviamo a immergerci nel racconto, c’è da chiedersi dove Anna abbia mai trovato la forza nell’affrontare tale tragedia, la forza per non impazzire dal dolore fisico e soprattutto morale: non a caso, mi dice, c’è chi la chiama “zheleznaja lady” (donna di ferro).

Anna si aspetta, ne è convinta, che prima o poi un tribunale penale internazionale per i crimini di guerra arrivi a giudicare oltre gli assassini della sua famiglia, anche tutti responsabili e gli autori di tanta sofferenza, tanti lutti verso la popolazione civile del Donbass.

Alla fine della conferenza stampa Anna ha lanciato un appello, ha esortato tutti i presenti a “Diffondere il più possibile la verità di questa guerra dimenticata. Raccontare a tutti, cosa realmente succede nel Donbass”.

(di Eliseo Bertolasi)