Ucraina: non c’è pace per i giornalisti non allineati

Le autorità italiane hanno arrestato a Bologna un italo-ucraino con l’accusa di aver ucciso il foto-reporter Andrea Rocchelli e il suo interprete Andrej Mironov nei dintorni di Slaviansk, il 24 maggio 2014, durante gli scontri tra l’esercito regolare di Kiev e le milizie separatiste.

I genitori di Andrea, insieme al loro avvocato, non si sono mai accontentati della ricostruzione dei fatti fornita dalle autorità ucraine, che, al termine di una lunga indagine, classificarono l’episodio come “danno collaterale” della guerra, un incidente senza responsabili né motivazioni precise. La Procura di Pavia decise quindi di riaprire il caso, nonostante l’ostruzionismo ucraino, e sentite le persone informate sui fatti, come ricostruito da Milano Today, ha ordinato l’arresto di Vitaliy Markiv, italo-ucraino di 28 anni, che nel maggio del 2014 era ai comandi della posizione da cui sono partiti i colpi che hanno ucciso Rocchelli e Mironov e ferito il giornalista francese William Rougelon, che si trovava con loro ed è l’unico sopravvissuto.

La ricostruzione non lascia spazio a dubbi: gli spari e le esplosioni provenivano dalle file ucraine, le quali non potevano non sapere che le loro vittime erano giornalisti, “armati” solo di macchine fotografiche. Dalle loro posizioni hanno preso di mira prima la macchina su cui viaggiavano Rocchelli, Mironov e Rougelon, da lì gli spari cambiarono direzione verso il fossato in cui i tre cercarono di rifugiarsi.

Preso atto delle testimonianze, gli investigatori del GIP di Pavia ritengono l’episodio un vero e proprio agguato ai danni delle vittime e questa è l’accusa ai danni di Vitaliy Markiv.

A difesa di Markiv sono scesi in piazza a Kiev, di fronte all’Ambasciata Italiana, un gruppo di attivisti, i quali non si sono limitati a sostenere l’innocenza del loro connazionale, ma rilanciavano l’accusa di terrorismo contro il reporter italiano Vittorio Nicola Rangeloni, in Donbass da oltre due anni per raccontare un conflitto taciuto dai principali media italiani e internazionali.

Attivista ucraino davanti l’Ambasciata Italiana di Kiev

Nonostante sia in procinto di entrare a far parte dell’Unione Europea e della NATO, e i nostri rappresentanti, dalla Boldrini alla Mogherini, elogiano pubblicamente il governo di Kiev post “Euro-Maidan”, l’Ucraina è diventato un paese pericoloso per i giornalisti non allineati.

Lo scorso anno un gruppo di hacker ucraini ha rubato e pubblicato i dati riservati di più di settemila cronisti, fotografi e operatori di tutto il mondo che si sono accreditati presso la Repubblica Popolare di Donetsk, per documentare il conflitto in Donbass. Si tratta di una “lista nera” di persone che “collaborano coi terroristi” – si giustificano gli hacker – ma di questa lista fanno parte giornalisti di quasi tutte le testate più importanti del mondo, dalla BBC ad al-Jazeera, dal New York Times a Die Welt o Le Monde.

Non vorremmo mai che ora, grazie alla facilità di ingresso dei cittadini ucraini in Europa, qualche fanatico che in questi anni ha combattuto in Donbass, dove magari si è reso protagonista di crimini di guerra, non voglia farsi giustizia da sé contro coloro i quali hanno collaborato con le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk.

(Coordinamento Solidale per il Donbass)