Charlie Gard, ecco chi promuove l’eutanasia

Charlie Gard deve essere clinicamente “terminato”. Vale a dire, deve essere sottoposto ad eutanasia dai medici che lo hanno in cura. Tale è la decisione della Corte Suprema inglese, avallata dalla Corte Europea per i Diritti Umani (ECHR), a cui i genitori del bambino, affetto da deplezione del DNA mitocondriale, si erano rivolti nella speranza di trovare un appiglio legale per annullare il verdetto e portare il piccolo negli USA, dove avrebbe dovuto essere sottoposto ad un trattamento sperimentale.

Le motivazioni su cui si basano la Corte Suprema inglese e l’ECHR riflettono tendenzialmente la solita retorica che l’attuale propaganda pro-eutanasia ama utilizzare in casi simili: troncare le inutili sofferenze causate da un male incurabile e permettere all’infelice “di morire con dignità”. Così si è espresso Justice Francis, giudice membro della Corte suprema. Una retorica squisitamente orwelliana: presentare come «atto di pietà» un omicidio e una gravissima forma di violenza ai danni dei diritti naturali che appartengono o dovrebbero appartenere a quell’istituzione privata millenaria chiamata famiglia. Del resto, non ci si sarebbe potuto aspettare altro.

L’ECHR è sempre connivente in tutti i casi in cui sia in atto un esperimento di ingegneria sociale nel programma di de-umanizzazione e de-costruzione imposto dal Potere atlantista agli stati in fase di liquidazione che si trovano sotto il suo controllo. Non stupisce quindi che, nel caso Gard, l’ECHR abbia sostenuto la posizione assunta dalla parte inglese.

E’ tale posizione ad interessarci maggiormente, poiché ci permette di cogliere un dettaglio importante: la volontà di uccidere il piccolo è stata presente sin dall’inizio, non è stata determinata dal peggioramento delle condizioni del paziente. Così come è stata presente sin dall’inizio la precisa intenzione -da parte dei mezzi di informazione occidentali e, in particolare, inglesi- di delegittimare, annichilire giuridicamente l’autorità morale dei genitori dinanzi all’opinione pubblica in un graduale acuirsi di drammatica visibilità mediatica.

La chiave di questa interpretazione può essere vista nell’assoluta parzialità con cui la Corte Suprema ha supportato le due maggiori argomentazioni utilizzate dalla struttura curante (il Great Ormond Street Hospital londinese) nel giustificare la decisione di interrompere il trattamento: l’estrema entità dei costi e le sofferenze del paziente. Per quanto riguarda gli alti costi richiesti dalla degenza: si tratta di una sciocchezza. Come si sa, il sistema sanitario britannico si fonda principalmente su un programma di assistenza sanitaria gratuita previsto per i cittadini con risorse finanziarie limitate. La famiglia Gard rientra in questa fascia di fruizione.

E’ chiaro che organi rappresentanti lo Stato (in questo caso, l’ospedale e la Corte Suprema) non vedano di buon grado il rischio di spendere ingenti somme di denaro pubblico per mantenere in vita, forse per molti anni, un paziente virtualmente incurabile. Tuttavia, questo criterio decade per il semplice fatto che, già prima del verdetto, i coniugi Gard avevano avviato una campagna di raccolta fondi che ha consentito loro di raggiungere la somma di 1.300.000 di sterline per la copertura delle spese mediche negli USA.

Non esiste il rischio di spese immotivate di denaro pubblico. Ma la Corte Suprema ha volutamente ignorato questo particolare (non possiamo credere l’abbia ignorato per incompetenza o distrazione). Per ridurre i costi di cura, il Great Ormond avrebbe dovuto semplicemente restituire il bambino ai propri genitori e delegare il successivo trattamento ai colleghi statunitensi. Cosa che non è avvenuta: senza offrire alcuna prova documentaria a sostegno delle proprie argomentazioni, i medici del Great Ormond, prontamente appoggiati dalla Corte Suprema, hanno sostenuto che la cura negli Stati Uniti non avrebbe sortito alcun effetto ed hanno continuato a tenere il bambino arbitrariamente sotto sequestro.

In altri termini, la struttura ospedaliera ha infranto, con il beneplacito della Corte Suprema, il fondamento essenziale della deontologia medica: cercare sino alla fine di salvare la vita del paziente, sia pure con approcci terapeutici dagli esiti incerti, ma che potrebbero fare più luce sul carattere della malattia in questione, permettendo in futuro di elaborarne una cura più efficiente.

Risultano inconsistenti anche le considerazioni etiche sostenute dai medici ed accettate dalla Corte Suprema, secondo cui le sofferenze del paziente a causa della respirazione artificiale fanno sì che morire risponda ai suoi interessi più che rimanere in vita. Nulla di simile: i sedativi a base di morfinautilizzati neutralizzano completamente qualsiasi supposta percezione di dolore.

La Corte Suprema ha cercato piuttosto di celare dietro vuote parole una grave infrazione sia morale che, soprattutto, giuridico-legale da lei commessa. Come scrive Julian Savulescu, Charlie Gard non è in grado di avere un attendibile criterio di giudizio sia per l’età (è un neonato) che per il suo attuale stato di salute. Gli unici ad aver il diritto e l’autorità di rappresentarne la volontà sono i genitori. I giudici possono ignorare tale autorità solo se i genitori sono in contrasto sulla decisione da prendere. Ma non è il nostro caso.

Entrambi i genitori vogliono che loro figlio rimanga in vita. Ignorando la volontà dei genitori, i giudici della Corte Suprema hanno ignorato la volontà dello stesso Charlie di restare in vita. Quando si decide di sopprimere un paziente che non dia assenso alla sua morte, non si tratta più di eutanasia, ma di omicidio. Nel caso della famiglia Gard, si tratta di infanticidio. Un infanticidio di Stato, data la completa impunità con cui medici e giudici hanno commesso simile abuso di potere dinanzi al mondo intero.

E’ proprio questa impunità a convincerci del fatto che il personale medico e la Corte Suprema, nel decidere il destino del piccolo Gard, si siano limitati ad eseguire gli ordini provenienti da gruppi di potere in grado di liberarli da ogni responsabilità. Gruppi di potere immensamente più influenti del governo inglese, dal momento che la condanna a morte del neonato è stata esplicitamente appoggiata dall’Unione Europea (tramite il ricorso respinto dalla ECHR) e, implicitamente, dal Vaticano nella persona del signor Bergoglio, che non ha sprecato una sola parola sul caso, per quanto faccia della difesa della vita e della famiglia la narrativa privilegiata della propria propaganda.

Semplificando: dietro le quinte c’è una belva che è meglio non toccare. L’unico cartello finanziario ad avere un livello simile di potere è quello farmaceutico, controllato in ultima istanza dai Rockefeller, come ha dimostrato Daniel Estulin nel suo lavoro «TransEvolution: The Coming Age of Human Deconstruction» (2014): questo cartello ha un’influenza pari (se non superiore) a quella del cartello petrolifero e militare. Perché sospettare Big Pharma? E’ semplice.

Il caso Gard non solo si sta verificando nella sfera diretta dei suoi interessi, ma offre anche una perfetta occasione per svolgere un’operazione di condizionamento psicologico sulle masse soggette al dominio atlantista: un’operazione capace di promuovere ulteriormente l’urgenza del problema «eutanasia» e, quindi, incrementare i profitti dei rispettabili signori a capo del cartello. Avvalendosi della complicità di strutture gregarie da presentare al pubblico come le sole forze coinvolte (il servizio sanitario e la magistratura inglesi, l’EU e il Vaticano), il cartello farmaceutico vuole l’esecuzione del piccolo Charlie.

Un’esecuzione esemplare, accompagnata da una completa esposizione mediatica. Perché? Per una serie di ragioni:

1) proteggere i propri interessi. Il cartello farmaceutico non è per nulla disposto ad aprire costosi fronti di ricerca per lo studio di malattie rare (e quindi con un margine di profitto inesistente) come la deplezione del DNA mitocondriale. Inoltre, il cartello è intenzionato a ridurre drasticamente l’utilizzo della morfina terapeutica (la cui produzione, dopo la catastrofica campagna militare statunitense in Afghanistan, si è fatta troppo costosa) e sostituirla con la pratica molto più proficua dell’eutanasia.

2) creare un precedente ed abituare gradualmente le masse al concetto di eutanasia forzata, presentata come una manifestazione di amore e di reale interesse alle sofferenze del paziente, ma in realtà rivolta solo ad ottimizzare i profitti e, allo stesso tempo, regolare il quadro demografico dei territori soggetti al blocco atlantista nell’ottica della strategia «eugenetica» attualmente realizzata con la connivenza dei governi locali collaborazionisti (sostituire gradualmente in Europa il fenotipo caucasico con quello subsahariano).

3) Eliminare la visione della famiglia come ultima istituzione ed ultima istanza che possa difendere le «risorse umane» da cui trarre profitto tramite soppressione per eutanasia.

La tragedia della famiglia Gard sta venendo usata da forze tanto ciniche e criminali quanto potenti come un semplice mezzo per dare dei messaggi chiari ed inflessibili alle comunità controllate. Non dobbiamo quindi dimenticare: il fatto che questo crimine sia stato commesso in Gran Bretagna è solo un caso. Finché le nazioni soggette alle elites finanziarie atlantiste non riacquistino la propria sovranità e non creino dei sistemi sanitari diretti a tutelare realmente la vita e la salute dei propri cittadini, il destino di Charlie Gard e dei suoi genitori può colpire ciascuno di noi.

Un’ultima precisazione: la posizione del Vaticano non deve stupire. Il signor Bergoglio è uno tra i più fedeli esecutori dell’agenda dei Cartelli sia nella questione migratoria che in quella dell’eutanasia. Non a caso, agli inizi di giugno il signor Bergoglio, con una decisione che ha stupito non poco gli analisti, ha licenziato l’intero collegio della Pontificia Accademia per la Vita, composto prevalentemente da studiosi sostenitori di una visione tradizionale nel campo dell’aborto e dell’eutanasia (vale a dire, la sacralità della vita).

Il nuovo collegio imposto dal signor Bergoglio vede tra i suoi membri il professor Nigel Biggar, secondo cui l’aborto prima delle 18 settimane dovrebbe essere ritenuto legale. Un anno fa, il signor Bergoglio ha inoltre dispensato il collegio dell’Accademia dall’obbligo di firmare una dichiarazione in cui professare piena fedeltà ai valori cristiani della vita. Naturalmente questa notizia, di straordinaria importanza per capire il reale indirizzo della politica vaticana dell’ex gesuita, è stata fatta passare quasi sotto silenzio dai mezzi di informazione.

(di Claudio Napoli)