Israele fornisce segretamente aiuto ai ribelli in Siria

L’esercito israeliano mantiene regolari comunicazioni con i gruppi ribelli siriani e fornisce un’assistenza che include pagamenti non meglio precisati ai comandanti, versamenti che contribuiscono ai pagamenti dei salari dei combattenti e all’acquisto di armi e munizioni, secondo quanto rivelato da una dozzina circa di appartenenti alle suddette organizzazioni.

Israele ha adibito un’unità militare allo scopo specifico di supervisionare il supporto ai ribelli in Siria (paese con cui è in stato di guerra ormai da decenni) e ha istituito un fondo da destinarsi esclusivamente agli interventi in tale nazione, come rivelato una persona a conoscenza dei dettagli della situazione. Israele ha inoltre in passato ammesso di aver fornito assistenza medica a circa 3000 siriani feriti, la maggior parte dei quali combattenti ribelli, all’interno delle proprie strutture ospedaliere, e di aver prestato aiuti umanitari quali cibo e vestiti alla popolazione civile durante l’inverno. Tuttavia, interviste con una mezza dozzina di ribelli e con tre persone informate dei fatti rivelano la profondità del coinvolgimento israeliano nella questione siriana, un coinvolgimento decisamente più ampio e meglio coordinato di quanto non si pensasse in precedenza: Israele ha per anni direttamente finanziato i ribelli che operano nelle aree vicino al confine nazionale.
“Israele è sempre stato eroicamente al nostro fianco” ha detto Moatasem al-Golani, portavoce della milizia ribelle Fursan al-Joulan, o Cavalieri del Golan. “Non saremmo certamente sopravvissuti senza l’assistenza di Israele”.

L’obiettivo di Israele è quello di mantenere gli alleati del governo siriano, come per esempio Hezbollah, a distanza dalle 45 miglia di confine che attraversano le divise alture del Golan.
Naturalmente, il supporto finanziaro fornito da Israele ai ribelli rischia di esacerbare le tensioni con il governo del presidente Bashar Al-Assad, che già da lungo tempo accusa Israele di un’alleanza con le milizie il cui obiettivo è il cambio di regime. Il presidente siriano ha affermato che, oltre a fornire assistenza materiale e logistica ai ribelli, Israele lancia attacchi aerei in territorio siriano al fine di destabilizzare le forze governative. Israele ha dichiarato a più riprese la propria neutralità nella guerra civile in Siria.  Israele ha occupato parte delle alture del Golan nel corso del conflitto del 1967 e le ha in seguito annesse, mossa non riconosciuta dalla comunità internazionale.
La minaccia di una presenza permanente di Hezbollah e Iran sul versante siriano di questo altopiano strategico potrebbe trascinare l’apparato militare israeliano in un conflitto che tiene sotto stretta osservazione dal 2011, ma a proposito del quale ha formalmente mantenuto un basso profilo.

Il comandante della milizia Fursan al-Joulan, conosciuto con il nome di battaglia Abu Suhayb, ha dichiarato che il suo gruppo riceve 5000 dollari mensili da Israele. Fursan al-Joulan non è legato all’Esercito Siriano Libero supportato dai paesi occidentali e non riceve fondi o armi da tali nazioni.
L’ufficio del primo ministro israeliano ha affidato la responsabilità di rispondere alle domande ai vertici mitari di competenza, i quali non hanno però rivelato nulla circa il contatto diretto con i ribelli nella regione del Golan o l’invio di somme di denaro ai suddetti gruppi, limitandosi ad affermare “l’impegno nel garantire la sicurezza dei confini di Israele con lo scopo di evitare la formazione di forze ostili e di cellule terroriste nell’area […] fornendo inoltre aiuti umanitari ai siriani che vivono in quell’area”.
La persona a conoscenza della situazione ha confermato i movimenti di denaro attraverso il confine, specificando però che tali somme sono destinate al supporto umanitario dei civili. Questa versione è contraddetta dai ribelli intervistati, i quali hanno rivelato che i soldi vengono usati per pagare i salari dei combattenti e per acquistare armi e munizioni – un aspetto della questione sul quale i militari israeliani hanno sorvolato.

L’Iran e l’alleato libanese Hezbollah hanno rivestito un ruolo importante nel consolidamento della posizione del presidente Assad: il loro sostegno, naturalmente unito al decisivo intervento militare russo, ha consentito al governo di resistere nel corso della guerra. Vista l’influenza iraniana nel conflitto, Israele teme ora che lo storico nemico possa ottenere il controllo di una striscia di territorio in Siria e Iraq che potrebbe essere adibita al trasporto di armi verso le basi militari nel sud del Libano e sul versante siriano del Golan. Funzionari israeliani hanno spesso accusato il governo siriano e i suoi alleati iraniani e sciiti di pianificare aggressioni ai danni di Israele dal versante del Golan in territorio siriano, sottolineando invece come Israele non sia mai stato minacciato dai gruppi ribelli.
L’esercito israeliano è occasionalmente intervenuto nel conflitto siriano lanciando attacchi aerei come misura contro quelli che Israele considerava carichi iraniani di armi destinati a Hezbollah in Libano.
Questo tentativo di stabilire una sorta area neutrale ricorda un altro piano israeliano ideato per proteggere il confine settentrionale grazie a una cosiddetta “zona di sicurezza” nel sud del Libano durante la guerra civile che ha dilaniato il paese negli anni 70 e 80. Conosciuta come politica della “Good Fence”, letteralmente buon recinto, tale mossa ha preceduto l’invasione del sud del Libano da parte di Israele nel 1982 da cui è scaturita la fondazione di Hezbollah. Hezbollah ha combattuto gli israeliani fino alla loro ritirata dalla regione nel 2000.

Israele ha battezzato l’operazione nel Golan “Buon Vicinato”, secondo quanto afferma Ehud Ta’ari, studioso all’Istituto di Washington e analista politico israeliano informato del supporto israeliano alle milizie siriane. Tale operazione è stata avviata sotto l’egida del ministro della difesa Moshe Ya’alon e ha continuato a svilupparsi nel corso del mandato del suo successore Avigdor Lieberman.
I combattenti intervistati hanno dichiarato che i gruppi ribelli sparsi lungo la zona di confine che si estende per circa 125 miglia quadrate hanno contatti regolari con Israele.
“È una questione di interessi” ha detto una fonte informata dei fatti. Israele offre aiuti umanitari e riceve in cambio la garanzia di una “zona neutrale” coperta dalle milizie armate dei ribelli.
Secondo gli stessi combattenti, Fursan al-Joulan è il principale gruppo collegato a Israele. Il contatto con le forze armate israeliane è stato stabilito nel 2013, e l’invio di denaro e di altre forme di sostegno è cominciato poco dopo.
Il gruppo aveva da poco lanciato un’offensiva contro le forze governative nella provincia sudorientale di Quneitra, che include il versante siriano del Golan, secondo le dichiarazioni del portavoce Golani.
I combattenti portarono i feriti fino a un punto d’incontro dove erano attesi da soldati israeliani che comunicavano in arabo, come affermato da Golani. Parenti dei feriti chiesero aiuto e in breve si presentarono delle ambulanze che trasportarono in Israele i soggetti che necessitavano di assistenza medica. Questo momento fu un punto di svolta in seguito al quale vennero aperti i canali di comunicazione fra Israele e i ribelli moderati, come si definisce il signor Golani.

Golani, il cui cugino morì in seguito alle ferite riportate poco prima dell’apertura di tali canali con Israele, sostiene che la morte dell’uomo sarebbe stata evitabile se avesse potuto usufruire delle cure mediche israeliane. Secondo il comandante Abu Suhayb e altri combattenti, Fursan al-Joulan (la cui base si trova nella provincia di Quneitra) ha circa 400 soldati alleati con altri quattro gruppi ribelli che ricevono a loro volta aiuti da Israele. In totale, vi sono oltre 800 ribelli sparsi in una dozzina di villaggi nella zona, densamente popolata dai civili. Molti fra i suddetti ribelli e civili dipendono economicamente e materialmente da Israele, come rivelato dalle fonti.
“La maggior parte delle persone qui vuole collaborare con Israele” aggiunge un combattente affiliato al gruppo Liwaa Ousoud al-Rahman, impegnato nel conflitto nel Golan.

(via The Wall Street Journal – traduzione di Maria Teresa Marino)