Il conflitto siriano: una partita (anche) fra giocatori esterni (parte II)

Al fianco di Hezbollah, l’impegno dell’Iran nel conflitto siriano è tutto a sostegno delle forze governative. È doveroso ricordare che la famiglia di Assad è una delle più potenti all’interno della minoranza siriana degli alauiti, piccola numericamente ma molto influente in Siria, di confessione sciita e per questo legata alla Repubblica Islamica dell’Iran. Tuttavia, la Repubblica Araba Siriana pone le proprie basi non su questioni religiose, poiché la Siria è uno stato secolarizzato e pluriconfessionale in cui cristiani, musulmani sunniti e sciiti vivono a fianco gli uni degli altri, ma sul socialismo nazionale arabo, l’ideologia del partito del presidente, il Baath’ (il cui significato è rinascita).

Questo ha dato uno stimolo per la minoranza etnica curda che risiede in Siria a reclamare maggiore autonomia e a controllare una buona fetta del territorio della Siria settentrionale al confine con la Turchia e impegnata a combattere lo Stato Islamico, a volte al fianco e a volte in opposizione alle forze governative. La Turchia guarda alla Siria come area per espandere la propria influenza nella regione, insieme all’obbiettivo di eliminare e reprimere il più duramente possibile la presenza curda nell’area, sempre stata una minaccia per l’integrità dello Stato turco sin dalla sua transizione ad una forma di governo repubblicana nel 1923. Per fare ciò la Turchia ha più volte effettuato incursioni in territorio siriano e, spesso, ha offerto supporto a miliziani ribelli e gruppi terroristici, giungendo perfino a finanziare lo Stato Islamico acquistandone il petrolio sul mercato nero. Per questioni di petrolio (ma non solo), all’interno del conflitto siriano partecipano anche Qatar e Arabia Saudita, attraverso il finanziamento, l’armamento e il supporto mediatico dei ribelli e delle milizie islamiste.

Il Qatar, fido alleato degli USA, che dispongono sul territorio del piccolo Emirato della base aerea di Al Udeid, la più grande del Golfo Persico, e della Gran Bretagna, a causa delle alte importazioni di combustibili fossili provenienti da questa piccola penisola (nel 2012 l’ammontare di gas qatariota importato dalla Gran Bretagna ammontava al 26% delle importazioni totali secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia), è stato accusato da Russia e Germania di finanziare i terroristi in Siria ed attraverso la propria emittente Al-Jazeera, e la web tv politicamente corretta AJ+, sua creatura molto popolare su Facebook (la cui pagina conta più di 9,3 milioni di sostenitori), dipinge i ribelli siriani e gli elmetti bianchi come organizzazioni umanitarie impegnate nella lotta contro la dittatura per la democrazia, quando, in realtà, mettono in atto vere e proprie operazioni di propaganda, se non islamista, quantomeno filo-occidentale e anti-siriana, tanto penetranti da riuscire a far vincere un Oscar al controverso documentario sui White Helmets. L’interesse del Qatar, insieme a quello dell’Arabia Saudita, è quello di costruire un gasdotto che dal Golfo Persico giunga direttamente in Europa senza dover passare dal Canale di Suez e, più in generale, dal Mediterraneo.

Anche la Turchia ha interessi legati alla costruzione di questo gasdotto, dal momento che diverrebbe un transito cruciale per la redistribuzione dei fossili verso l’Europa. Uno dei principali motivi per cui questo gasdotto è tanto voluto si rifà anche la possibilità di indebolire l’Iran, che perderebbe una grossa fetta di mercato (recentemente ristabilita dopo l’accordo sul nucleare) più o meno garantita dalle rendite petrolifere. Inoltre, la Siria rifiutò, nel 2009, di partecipare al progetto congiunto di Qatar e Arabia Saudita, per il quale è invece evidente l’interesse turco, mentre nel 2011 firmò un accordo con Iraq e Iran per la costruzione di un gasdotto che avesse come sbocco il Mediterraneo, ma come sorgente i giacimenti di metano persiani. Ciò sarebbe stato un colpo durissimo per Arabia Saudita e Qatar: dando uno sguardo alle date, possiamo capire molte cose, e come tantissime questioni siano intrecciate fra di loro.

L’Arabia Saudita, insieme a Qatar e Turchia, è accusata di finanziare e non di combattere il terrorismo, mentre il suo ruolo nel supportare e armare i ribelli siriani è palese. Le milizie islamiste supportate dalla famiglia Saudita ne condividono l’ideologia confessionale, e peggio ancora, questa ideologia è condivisa dallo Stato Islamico stesso. L’Arabia Saudita è inoltre uno dei primi acquirenti di armi al mondo, e i suoi rivenditori sono soprattutto Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, uniti anche nel business generato dal terrorismo. Insieme ad Israele, l’Arabia Saudita è uno dei principali nemici dell’Iran, con il quale si sta contendendo la supremazia nella regione non solo in Siria ma anche nello Yemen. La rivalità con l’Iran deriva anche da motivazioni religiose, in quanto l’Arabia Saudita si rifà ad una visione estrema dell’Islam sunnita, il wahhabismo, mentre l’Iran è il più grande stato sciita al mondo. L’Arabia Saudita è inoltre alleato strategico degli Stati Uniti nel Golfo Persico, che garantisce loro il controllo su un’area da cui anche India e Cina si riforniscono, mentre l’Iran ha, come proprio alleato maggiore, l’erede del più grande nemico degli USA: la Russia.

(di Elia Bescotti)