Trump cambia faccia ed ottiene l’elogio dei media

Per quasi un anno, i media mainstream hanno demonizzato la Russia, il presidente Putin e Donald Trump. Nel loro mondo fantastico, Putin era il Diavolo e Trump il suo diabolico assistente: assieme, operavano chissà quali cabale segrete attraverso i siti di informazione alternativi per infiltrare la propaganda russa nelle menti americani e rubare la scena alla angelica Hillary. A completamento della diabolicissima trinità, Bashar al-Assad.

Trump doveva vendere il paese ai russi; doveva rinunciare a rovesciare Assad, l’uomo che aveva iniziato una guerra civile attaccando innocenti siriani che volevano solo libertà e democrazia; doveva riempire Mosca di hotel e la Crimea di campi da golf con il suo amichetto Vladimir, e assieme i due avrebbero bevuto e scherzato mentre la Russia annetteva gli Stati Uniti.

In tutta questa favola, Obama era il buono, l’uomo che aveva tenuto i russi in riga. L’uomo che sì, forse doveva rispondere più duramente quando Assad “usava le armi chimiche contro la sua popolazione nel 2013” (nonostante non vi siano prove concrete). Ma Obama era uno “statista” che usava la forza con giudizio, d’altra parte aveva vinto il Nobel per la Pace. Hillary Clinton avrebbe seguito le sue orme, ma in modo più aggressivo. E Trump? Un burattino dei russi che rinunciava a combattere per la libertà e la democrazia!

Poi, alcune settimane fa, quando l’amministrazione Trump fu accusata di avere ucciso 200-300 civili a Mosul, Iraq, gli stessi media che prima lo crocifiggevano hanno iniziato a coprirgli le spalle. “Ha ucciso dei bambini? Aspetta aspetta, forse è un segno che il pazzo Donald sta riprendendo il senno!”. Così le notizie dei massacri sono passate in secondo piano. Che il figliol prodigo stesse tornando alla casa del padre? Quale meravigliosa notizia!

E infine, pochi giorni or sono, gli “attacchi chimici” in Siria. I massacri americani a Mosul sono spariti, così come quelli in Yemen. I media mainstream si sono concentrati immediatamente sulla tragedia siriana: senza alcuna prova, hanno sostenuto che Assad stesse “gassando il suo stesso popolo” e fosse colpevole di crimini contro l’umanità. Gli elmetti bianchi, quelli del Premio Oscar, hanno detto così, e dello stesso parere l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, due imparzialissimi stendardi del giornalismo; e Donald ha confermato. Che succede? Ha riconsegnato il passaporto russo e voltato le spalle al suo amichetto Putin? E che fine faranno quei bei campi da golf in Crimea?

Non c’è dubbio che la Raytheon, uno dei maggiori appaltisti per il ministero della difesa, abbia goduto alla notizia che il buon Donald ha sparato 59 Tomahawk contro una base aerea siriana. Novantaquattro milioni di dollari in fumo, 59 missili in più da rifornire. I neocon sembrano felici, e pure i liberal che hanno demonizato la Russia, fatto pressione per un intervento più severo degli USA nel paese e spinto in tutti i modi Trump ad abbandonare il suo migliore amico Vlad.

Il New York Times ha titolato, senza la minima vergogna: “Gli USA hanno sparato 59 Tomahawk contro una base aerea siriana in risposta all’attacco chimico del governo di Assad che ha ucciso più di 80 persone”. A chi servono prove, dopotutto? Perché aspettare indagini? Gli ha fatto eco il Washington Post: “L’amministrazione Trump risponde all’attacco chimico in Siria” La National Public Radio ha dato voce al senatore democratico Tim Kaine, noto per i suoi attacchi contro la Russia. Kaine ha sostenuto da sempre un attacco americano alla Siria ma, dice, “Trump doveva chiedere al Congresso prima”. Insomma, è contento del bombardamento, ma la prossima volta rispetta le procedure. I democratici bombardano democraticamente.

Trump ha finalmente reso chiaro a tutti che è disposto a rischiare un allargamento del conflitto e uno scontro diretto con la Russia; possiamo aspettarci che i media parleranno sempre meno del “cattivo Donald”. Ora che è tornato sulla retta via, è giusto dargli un po’ di corda. Vedremo con tutta probabilità che inizieranno a parlare, se non proprio del “buon Donald”, quantomeno del “non-così-cattivo Donald”. A quanto pare, Trump è diventato Presidente nel senso tradizionale del termine. Attendiamoci una guerra su scala molto più ampia.

(da Global Research – Traduzione di Federico Bezzi)