Centro Donetsk in Italia, intervista a Maurizio Marrone

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Maurizio Marrone, il presidente del neonato Centro di Rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk per l’Italia, con sede a Torino. Al di là del sensazionalismo giornalistico e delle interrogazioni dei politici che vorrebbero fargli chiudere i battenti, siamo andati direttamente alla “fonte” per conoscere le ragioni del suo impegno e gli obiettivi della sua azione, decisamente ostinata e contraria ai diktat del mainstream in ogni loro accezione, che si colloca a metà tra diplomazia e solidarietà.

Perché un consigliere regionale del Piemonte entra a gamba tesa nel conflitto ucraino assumendo addirittura un incarico ufficiale per conto della autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk?

Dopo aver presentato e fatto approvare dal consiglio regionale piemontese un ordine del giorno contro le sanzioni economiche alla Russia imposte anche all’Italia dall’UE, ho avvertito il desiderio di vedere con i miei occhi la guerra da cui parte tutto. Le immagini di interi quartieri residenziali sventrati dai bombardamenti, degli ospedali e delle scuole spazzati via dall’artiglieria, delle chiese date alle fiamme dai battaglioni di Kiev mi hanno convinto a scendere in campo. Anche noi Italiani dobbiamo prendere posizione.

Perché, secondo Lei, l’Italia dovrebbe mobilitarsi?

L’opinione pubblica lo ignora, ma questa guerra viene combattuta anche contro l’Italia: per fortuna il sangue non scorre ma le sanzioni economiche hanno massacrato il nostro export, causando centinaia di milioni di euro di danni alle nostre imprese italiane, trascinandoci in un innaturale conflitto commerciale contro il mondo russo che, in questa fase di crisi economica e assalto cinese ai nostri mercati, rischia di esserci fatale. Le associazioni di categoria delle aziende lo sanno e per questo si stanno dimostrando molto sensibili alla nostra battaglia di avvicinamento anche commerciale e produttivo tra Donbass e Italia, pur ponendosi al di fuori di appartenenze ideologiche.

Avete attaccato la disponibilità del Governo italiano ad inviare truppe nella missione Nato in Lettonia. Ma cosa c’entra questa missione con la guerra in Donbass?

Apparentemente nulla, ma sappiamo che la Nato in Europa dell’est non ha un ruolo meramente preventivo-difensivo come afferma pubblicamente, ad esempio, le cellule ucraine infiltrate in Donbass ed accusate di aver assassinato i comandanti militari delle Repubbliche del Donbass hanno ammesso di essere state addestrate ed armate dalla Nato. Anche i siti internet ucraini che compilano liste di proscrizione con dati sensibili e foto segnaletiche degli attivisti filo-russi, in alcuni casi poi eliminati da attentati terroristici, sono ospitati da server di basi Nato in Estonia. Su quelle “black list” sono schedato anch’io, insieme agli altri attivisti italiani più impegnati ed esposti.

Come ci si sente ad essere schedati? Non ha paura?

In Italia, in effetti, c’è qualche segnale preoccupante come contractor andati a combattere con i battaglioni di Kiev e poi arrestati, una volta tornati a casa, per detenzione abusiva di armi da fuoco, ma per adesso gli unici attacchi che abbiamo ricevuto sono stati meramente politici e mediatici dalle ong arancioni finanziate dal solito Soros e spalleggiate dal Pd in Parlamento. A rischiare davvero fisicamente sono i volontari schierati sul fronte a difesa delle Repubbliche del Donbass, continuamente esposti al fuoco ucraino in violazione degli accordi di pace di Minsk.

Siete un Consolato oppure no? In cosa consiste la vostra attività diplomatica?

Il Centro di Rappresentanza è ufficialmente riconosciuto dal Governo repubblicano della DNR con una lettera di incarico del Ministro degli Esteri Nikonorova, ma non abbiamo né abbiamo mai millantato uno status diplomatico, attualmente impossibile almeno finché l’Italia non riconoscerà la Repubblica Popolare di Donetsk. Il riconoscimento internazionale è per noi l’obiettivo finale e non il presupposto della nostra attività. Pur senza essere una ambasciata tanti cittadini del Donbass che vivono in Italia ci contattano per le pratiche di asilo politico oppure per avere i nuovi passaporti rilasciati dalla DNR e riconosciuti dalla Russia. Che contattino noi invece dell’Ambasciata ucraina dà il polso della maggior importanza della fiducia della popolazione del Donbass rispetto alle feluche e alla ceralacca consolare.

Le vostre iniziative sono dettate dalla DNR oppure sono autonome?

Dipende. Ad esempio la campagna internazionale 101life, promossa per sensibilizzare l’ONU sulle vittime civili e soprattutto infantili dei bombardamenti di Kiev, parte dalle Repubbliche del Donbass ed è stata coordinata attraverso un tour europeo che ha fatto tappa anche negli altri Centri di rappresentanza DNR in Grecia e Repubblica Ceca. Il convegno-appello con Lilin, Meluzzi e Krancic per mobilitare l’opinione pubblica italiana contro la nuova offensiva militare ucraina di questo inverno, invece, è stato organizzato in autonomia dalla Rappresentanza italiana.

Qual è il prossimo appuntamento?
Un appello social al cantautore Francesco Gabbani affinché rinunci a partecipare all’Eurovision Festival, che in questa edizione si tiene a Kiev. Come se non bastasse la guerra contro il Donbass, l’Ucraina ha respinto la cantante delegata dalla Russia, Yulia Samoilova, solo perché ha recentemente cantato in Crimea.

(di Elena Barlozzari)