Le Fake News su Navalny “primo oppositore di Putin” dei media occidentali

Piccolo preambolo; l’opposizione numericamente significativa in Russia è rappresentata dai comunisti di Zdjuganov (13,3% di consensi) e i nazionalisti guidati da Zhrinovskij (13% di consensi). Alexei Navalny, il nuovo eroe dell’Occidente democratico, guida un partitino liberale con percentuali centesimali e largamente disprezzato dalla maggioranza del popolo russo.

Il motivo? Ripropone, nel suo programma, quelle ricette occidentali eltsiniane di “rinascita” post-sovietica degli anni ’90 che tanto dolore e tanta sofferenza hanno procurato alla Russia, come sta a dimostrare la ormai storica crisi finanziaria del 1998 dovuta alle selvagge privatizzazioni in favore delle oligarchie.

Sulle vicende che gli riguardano, accadute nella giornata di ieri, circolano sotto gli occhi dei più attenti due Fake News di proporizioni bibliche; l’utilizzo di alcune fotografie scattate durante una manifestazione in Bielorussia per ingannare il lettore sul numero delle persone scese in piazza contro Vladimir Putin e, soprattutto, il non aver assolutamente menzionato che all’attivista in questione erano stati offerti altri luoghi per manifestare, ovviamente rifiutati.

Mica fesso: la repressione a norma di leggi mediamente diffuse per una manifestazione pubblica non autorizzata gli avrebbe garantito, come poi è accaduto, quella copertura mediatica a livello internazionale atta ad alimentare la propaganda russofoba anti-putiniana per conto dei suoi burattinai, che sulla coscienza, piccolo particolare da non sottovalutare, hanno la morte del poliziotto linciato a San Pietroburgo.

Il risultato, purtroppo, è stato ottenuto; si va da “Putin dittatore” – nonostante permetta a questo sedicente blogger di twittare tranquillo e beato improperi contro di lui direttamente dalla cella dove è momentaneamente rinchiuso in attesa di giudizio – ai video propaganda di Ezio Di Mauro di Repubblica nei quali il popolo russo viene additato come frustrato perché non nutre più speranze di un cambiamento.

Ignoranza storico-politica che fa impallidire. Al contrario il passato ci insegna come il popolo russo, fiutando l’odore di interferenze occidentali e penetrazioni globaliste, si sia stretto ancora di più al suo leader al fine di scacciarle.

Dignità, caro Di Mauro. Tuttavia, in queste proteste eterodirette ci sono tutti i sintomi che hanno caratterizzato le cosiddette “rivoluzioni colorate” negli anni; il blogger finto perseguitato politico – tra l’altro colpevole di appropriazione indebita, altro che per reati di opinione –, coccolato da Amnesty International e allevato a Yale nel suo Programma di Leadership, Ivy League; i cittadini che scendono in piazza contro un non quantificato tasso di corruzione, i cori a senso unico della stampa mainstream contro il governo.

All’acutizzarsi degli stessi ecco che le proteste cominciano ad essere definite “rivolte” con qualche infiltrazione di armi da parte dei servizi segreti. Se sopraggiunge la malattia si fanno elezioni farsa dove vince il solito candidato filo-atlantista/europeista, altrimenti si procede con metodi più invasivi come abbiamo visto in Iraq, in Jugoslavia, in Libia e, in ultima istanza, in Siria, dove si è miseramente fallito  (fortunatamente).

Ma Mosca avverte: niente di tutto ciò.

(di Davide Pellegrino)