“Vivi per errore di Google”: Alessandro, scampato all’attentato a Londra

Una “normale” vacanza a Londra. Questa stanno conducendo Alessandro Scafa e sua sorella Noemi, nell’ora fragorosa dell’attentato nella capitale inglese. Un errore della tecnologia li salva da pericoli seri. Alcuni video postati su Facebook testimoniano la sua presenza sul luogo del fatto. Abbiamo contattato Alessandro per darci una testimonianza diretta.

Alessandro, ci fai una cronaca degli eventi che ti hanno visto coinvolto?

Eravamo andati al Museo della guerra di Churchill, vicino ai giardini dalla parte opposta del Parlamento. Precedentemente venivamo proprio dalla metro di Westminster. Usciti dal museo siamo quindi tornati indietro per fare qualche foto. A quel punto abbiamo avviato Google Maps per trovare la strada più corta per arrivare a London Eye, la ruota panoramica. Lì è scattato l’errore salvifico: mentre passavamo al lato di Westminster,  il GPS del dispositivo sembrava che ci stesse portando sulla strada sbagliata. Questo perché le strade di Londra in quella zona sono particolarmente larghe, ed è possibile perdere l’orientamento anche col navigatore. Mia sorella mi ha detto “abbiamo sbagliato strada, torniamo indietro”. Potevamo proseguire da un’altra parte, ho detto io. A quel punto abbiamo sentito prima un trambusto, poi visto una serie di bambini che correvano e urlavano “Run! Run!”. Ad essere sinceri, pensavamo fosse un gioco di ragazzini, poi vedendo la uguale reazione della polizia e di persone adulte, siamo scappati anche noi e abbiamo capito che stava succedendo qualcosa di brutto.

Dopo siete ritornati sul luogo dell’accaduto, a quanto si è visto.

Sì. La polizia stava mettendo i nastri di sicurezza, l’ho fatto vedere anche nei video che ho postato. Ci ha anche intervistato qualcuno della stampa locale di cui non ho identificato il nome, ma in realtà noi non avevamo ancora idea di cosa fosse successo. Nel senso che non avevamo visto gli eventi, ma il caos intorno a noi era inequivocabile: persone al telefono, che piangevano, che discutevano animatamente. Per dare un’idea della distanza, ci trovavamo a nemmeno una quarantina di secondi dal luogo dell’evento: niente.

Avete avuto modo di parlare con qualche persona? A parte il prevedibile spavento, che reazione avete constatato se siete riusciti a parlare con qualcuno in modo più approfondito?

C’era molta inconsapevolezza, straniamento tra la gente: mentre facevamo un terzo video con il cellulare, alcuni ridevano, altri erano stupiti. C’è voluto un pochino perché tutti si rendessero conto di cosa era accaduto. Una cosa interessante è che tutti identificavano l’attentatore come “asiatico” ma non nel senso che intendiamo noi. Per molti di loro asiatico può essere anche un arabo mediorientale, una regione che – in pochi ci riflettono – fa parte dell’Asia ma non di quella più comunemente recepita (giapponesi, cinesi, indonesiani, eccetera). I media italiani hanno disinformato e stravolto questa definizione, adducendo minori ragioni per ritenere l’attentato di matrice islamista.

Adesso com’è la situazione?

Sono quasi alla massima allerta, del resto c’è polizia ovunque, addirittura elicotteri che continuamente monitorano il centro. Ieri sera tutti i ponti erano chiusi, la viabilità era complicata. Da quello che ci hanno detto al servizio informazioni della metro, oggi dovrebbero riaprire alcune strutture. Ma il clima di spavento è ovviamente lo stesso e come per magia i controlli diventano ossessivi all’ingresso di ogni stazione o luogo pubblico.

(di Stelio Fergola)