"L'Illusione perduta", di La Grassa, Tozzato e Petrosillo

“L’Illusione perduta”, di La Grassa, Tozzato e Petrosillo

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Questo libro nasce da un seminario tenuto da G. La Grassa nel settembre del 2015, che è stato però ampiamente rivisto e rielaborato per meglio conseguire lo scopo cui mirava quell’incontro. Allo scritto principale ne sono stati aggiunti altri due dello stesso autore al fine di approfondire alcuni punti. Si è inoltre ritenuto importante arricchire il libro con le elaborazioni di Petrosillo e Tozzato, che discutono le tesi ivi sostenute secondo angolazioni diverse. Crediamo inutile dilungarci ad esporre quanto è chiaramente illustrato nelle pagine che seguono. Qualche breve considerazione invece sul fine ultimo della nostra fatica.

Un autore della ricchezza di Marx – e di cui sono state pubblicate dopo la morte migliaia di pagine da lui redatte quali appunti da ripensare e riscrivere successivamente, compito realizzato soltanto per il primo libro de “Il Capitale” (vera opera decisiva e fondamentale del “Nostro”) – presenta diverse sfaccettature. Non a caso, “arditi esegeti” l’hanno piegato in non so quanti sensi e direzioni. Intendiamoci bene. Di qualsiasi autore, grande o meno grande che sia, è possibile fornire interpretazioni relativamente differenziate. Tuttavia, entro ben precisi limiti, oltre i quali si giunge all’autentica falsificazione del pensiero di costui.

Gli inconcludenti tentativi di trattare Marx come filosofo o come economista infastidiscono per la manifesta incomprensione dell’utilizzazione che egli fece di date tesi dell’economia politica classica – costantemente studiata a partire dalla seconda metà degli anni ’40 e fino alla morte – nell’elaborazione delle sue concezioni in merito alla “formazione economica della società” (parole sue). Il preteso economicismo marxiano sta tutto nell’aver privilegiato la produzione quale fondamento della struttura (e forma) dei rapporti sociali, in base all’affermazione troppo semplicistica (da noi infatti criticata) secondo cui perfino un bambino sa che, se non si producesse anche soltanto per pochi giorni o settimane, la società non potrebbe sopravvivere.

Tuttavia, egli affermò con la massima nettezza: “il capitale non è cosa, ma rapporto sociale”. E dei rapporti sociali – non di quanto e di cosa si produce e si consuma – si deve interessare ogni serio studioso di teoria della società, seguendo la lezione di colui che “aprì alla scienza il Continente Storia” (secondo la definizione di Althusser).

Noi ci siamo quindi sforzati di rendere coerente il pensiero di Marx dedito all’indagine scientifica delle trasformazioni subite dai rapporti sociali nelle diverse epoche della storia umana. Abbiamo individuato dove si situa il centro focale della sua analisi – la proprietà (potere di disporre) dei mezzi impiegati in quell’attività fondamentale per la vita e sviluppo della società che è appunto la produzione – e le conseguenze che ne derivano riguardo alla da lui prevista evoluzione dei rapporti sociali in quel paese, l’Inghilterra, preso esplicitamente quale “laboratorio” delle sue indagini sul capitalismo (più precisamente sul modo di produzione capitalistico; si veda la Prefazione al I libro de “il Capitale).

Abbiamo indicato quale specifica dinamica storica venisse attribuita ai rapporti capitalistici (già in pieno svolgimento, secondo lui, mentre scriveva la sua massima opera) e quale dovesse esserne lo sbocco: il socialismo, ma come semplice fase transitoria che preparava il comunismo. Abbiamo pure ben precisato che cosa fosse per Marx una simile, solo futura, formazione sociale; non certo quella che impropri lettori dei suoi scritti hanno costruito con la loro, fra l’altro poco fervida, fantasia.

Tuttavia, le lezioni storiche del ‘900 accompagnate da una rilettura assai più attenta delle formulazioni teoriche marxiane – comunque scientifiche al 100%, perché fare scienza non significa affatto attingere la “Verità”, per la qual cosa servirà semmai la fede e non il travaglio scientifico – pongono in luce il punto debole delle stesse. L’abbiamo esposto con precisione; e abbiamo nel contempo proposto alcune ipotesi alternative per non disperderne completamente i preziosi contributi, evitando tuttavia l’ormai più che evidente impasse (storica come teorica) delle conclusioni e previsioni sostenute da Marx. Siamo convinti, senza presunzione ma nemmeno falsa modestia, che questo libro rappresenti un punto fermo in merito ad un’interpretazione del suo pensiero scevra da fastidiosi ideologismi e da ancora più sconsolanti utopie.

Consegniamo dunque il nostro lavoro a chiunque voglia prenderlo in considerazione con reale attenzione e libero da preconcetti pro o contro un Marx troppo spesso inventato, per poterlo portare in Cielo o inviare all’Inferno.

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