Nelle nostre valli tornano lupi e orsi, animali sacri ai nostri antenati

In questi giorni i lupi sono tornati timidamente a farsi vedere nelle valli bresciane. Erano decenni che non se ne vedeva uno. Per il momento sono solo due i predatori registrati fra l’Alto Garda e la Valcamonica, ma c’è l’ottimismo di poter vedere questo numero salire nei prossimi anni. Nelle stesse zone, nei mesi scorsi, erano anche stati segnalati alcuni orsi, per un totale di otto esemplari. Una ricolonizzazione che avanza pian piano, ma si spera inesorabile; arrivando sia dall’Appennino che dalla Slovenia, i grandi carnivori si stanno stabilendo nei loro antichi territori alpini. Non è infatti solo la provincia di Brescia ad aver visto il ritorno di lupi e orsi, ma si tratta di un fenomeno che parte dal Friuli per arrivare fino alle Alpi piemontesi.

Personalmente non posso che essere estremamente contento di questa notizia. Lupi e orsi erano gli animali sacri dei nostri antenati, le creature che essi rispettavano, veneravano e temevano. Il loro ritorno nei nostri boschi ha in un certo senso un forte significato simbolico. In un mondo dove tutto è ormai materialismo e industria, dove sempre meno posto è stato destinato alla natura e al Sacro, questi ultimi trovano tuttavia il modo di tornare, di riguadagnarsi il ruolo che spetta loro.

Per i Celti, il lupo era un animale estremamente benevolo. Nelle leggende, sono diversi gli eroi orfani e allevati dai lupi (similmente a Romolo e Remo), e diversi clan prendevano il nome da questo animale. Molte divinità si trasformavano in lupi nel momento di manifestarsi sulla Terra e il dio Cernunnos era solito farsi accompagnare proprio da un lupo. Per gli antichi irlandesi, inoltre, questo animale era il messaggero della Morte e il suo compito era quello di accompagnare le anime verso l’aldilà. Miti e leggende simili sui lupi si possono trovare in buona parte dei popoli italici, e non possiamo dimenticare che gli stessi Romani scelsero proprio una lupa come mito fondativo della loro città.

Anche l’orso era estremamente importante per gli antichi popoli europei, dove spesso diventava l’animale guida di chi era guerriero. Ricordiamoci, per esempio, che fra i Germani era proprio questo animale a simboleggiare i combattenti sacri del dio Wotan/Odino. Fra i Celti invece l’orso era anche profondamente legato al mondo femminile e spesso veniva considerato una creatura correlata alla Luna e alla notte. L’orso mantenne la sua importanza come animale sacro fino al primo Cristianesimo. Sono molti i santi, da San Colombano a San Gallo, che avevano orsi come compagni e protettori. Si tratta, non a caso, di personaggi cristiani con una profonda influenza celtica e che hanno svolto il loro operato in zona precedentemente abitate dai Celti.

Non solo lupi e orsi… sono diversi gli animali che ancora oggi abitano i nostri boschi e che un tempo erano considerati sacri. Pensiamo ad esempio all’aquila, simbolo stesso dell’Impero Romano. Questo rapace è spesso associato a molte divinità del pantheon greco-latino. La più importante è ovviamente Zeus-Giove, che in molti miti si trasforma proprio in questo animale per scendere sulla Terra. Per i Romani, l’aquila era anche il più potente fra gli uccelli aruspici, e i vaticini da lei portati erano sicuramente i più affidabili e portentosi. Il rapace viene spesso rappresentato in numerose monete celtiche e aveva anche grande importanza nella cultura dei Germani. Per i popoli germanici l’acquila era l’uccello sacro per eccellenza, avendo la possibilità di posarsi sull’alta cima di Irminsul, l’Albero del Mondo.

Nel Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, in Val Camonica, è incisa una grossa figura antropomorfa dotata di corna simili a quelle di un cervo. Si tratta del dio celtico Cernunnos, adottato in seguito anche dai popoli alpini (Camuni compresi). Cernunnos era lo spirito degli animali maschi cornuti, e il suo animale sacro era appunto il cervo. Il suo culto era profondamente diffuso in tutto il mondo celtico, dalla Gallia Cisalpina fino alla Britannia. Lo stesso cervo era un animale tenuto in grande considerazione dai Celti. Esso, come il dio a lui legato, era il simbolo della fertilità e della fecondità. Molti druidi erano inoltre soliti usare le corna di questo animale nei loro rituali religiosi. Ma la sacralità del cervo è molto più antica; fin dal Paleolitico questo animale viene rappresentato nelle pitture rupestri non solo come preda per la caccia, ma anche come essere da venerare e rispettare.

Un altro animale estremamente importante per i popoli celtici e germanici era il cinghiale. Così come l’aquila era l’emblema delle legioni romane, il grosso suino era spesso associato ai guerrieri celtici. La carne di cinghiale era probabilmente quella maggiormente apprezzata dai nostri antenati e ciò gli ha garantito un posto d’onore fra gli animali sacri. Era il simbolo della fertilità, ma anche della forza e della violenza. Ogni banchetto degno di questo nome aveva almeno una portata a base di carne di cinghiale, e col tempo questa creatura finì per simboleggiare anche una nuova e importantissima qualità: quella dell’ospitalità. Se per i popoli antichi l’ospite era sacro, anche ciò che lo sfamava doveva essere tale.

Lupi, orsi, cervi, aquile, cinghiali… tutti questi animali abitavano in gran numero, fino a non molti decenni fa, boschi e vallate della nostra Italia. Poi la caccia intensiva, l’inquinamento e la cementificazione li hanno colpiti duramente. Alcuni di loro sono stati spinti fin sull’orlo dell’estinzione, cacciati al di là delle Alpi. Ora stanno timidamente provando a tornare. Stanno cercando di capire come sia la situazione, se ci sia di nuovo posto per loro fra di noi. Per i nostri antenati essi erano sacri, erano cibo, erano divinità, erano pericoli ed erano morte. Nella società moderna è difficile che questi animali ritornino a ricoprire quei ruoli. Sarebbe tuttavia importante capire da dove nasceva il sentimento degli antichi popoli europei verso di loro e cercare di farne tesoro. In una parola, rispettarli.

(Andrea Tabacchini)