UE o Russia? Serbia al bivio

“Serbia e Russia non hanno bisogno dell’Unione Europea!”.

È stato questo il coro che ha accompagnato il discorso di Federica Mogherini al parlamento serbo e che è stato scandito da un gruppo di parlamentari anti-UE. La Serbia è a un bivio: le pressioni dell’Unione Europea sono forti, il Paese è in una posizione strategica e Bruxelles vuole esportare l’utopia dell’Europa ricca e pacifica nei Balcani ad ogni costo.

Per la UE c’è poi una seconda, forte motivazione: la Serbia storicamente è vicina alla Russia, le radici culturali e religiose sono comuni e di conseguenza le pressioni europee per avvicinarla all’Unione aumentano. D’altronde lo sappiamo, no? Putin va fermato, la Russia è tornata ad essere l’Impero del Male di Reaganiana memoria e quindi deve essere accerchiata; di conseguenza i Paesi dell’Est che hanno buoni rapporti con Mosca sono guardati con sospetto.

Il Kosovo è nuovamente foriero di tensioni e incertezze, infatti la Serbia non riconosce l’autonomia di questa regione a maggioranza albanese, una disputa con l’occidente che dura da più di vent’anni e che è culminata con i bombardamenti della Nato nel 1999. Difficilmente verranno dimenticati quei momenti in quella che allora si chiamava ancora Jugoslavia, con i raid che oltre a colpire obiettivi militari hanno causato migliaia di morti tra i civili.

Si trattò all’epoca di un’azione di forza della Nato, intrapresa senza il benestare dell’Onu che mai avrebbe autorizzato quei bombardamenti a causa del veto di Russia e Cina nel Consiglio di Sicurezza. Il riconoscimento della Repubblica del Kosovo e l’applicazione delle sanzioni alla Russia sono requisiti imprescindibili affinché l’ingresso della Serbia in Europa sia fattibile: due condizioni-capestro contro cui buona parte della popolazione darebbe battaglia. Insomma la Serbia entrerebbe nell’Ue con un Paese diviso.

E con la Russia? I rapporti sono ottimi, sia sul piano politico che commerciale, ma sono destinati ad indebolirsi soprattutto per ragioni economiche: la Serbia esporta la quasi totalità della merce in Russia senza pagare dazi doganali, in un regime di libero scambio. Impensabile una situazione del genere con l’ingresso in Europa, anzi, se aggiungiamo l’applicazione delle sanzioni ecco che l’economia serba ne avrebbe parecchio a soffrire.

La Serbia ha partecipato lo scorso settembre al XVII vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati in qualità di osservatore, un movimento che da sempre affascina i serbi (che peraltro nel 1961 ne furono tra i fondatori) e che è ben congeniale alla politica degli ultimi anni fatta di alleanze strategiche con la Russia e cooperazione con l’Occidente. L’ingresso in Europa della Serbia verrebbe vista dalle cancellerie come un successo, soprattutto in chiave antirussa, ma resta da vedere quanto sia conveniente per Belgrado abbandonare la strada dell’indipendenza in politica estera ed in economia. Molto poco probabilmente.

 

(di Alessandro Ametta)