Immigrazione, “pochi rimpatri”: l’UE ora si lamenta con l’Italia

Senza nulla togliere alla disorganizzazione italiana di governo e agli scopi di lucro delle varie cooperative sparse sul territorio nazionale, i moniti della Comunità Europea sono sempre avulsi dal contesto dei cittadini comuni, vittime di una vera e propria invasione di ogni sorta e impossibilitati a immaginarne la fine.

Angela Merkel, poco tempo fa, aveva incoraggiato pubblicamente i migranti a recarsi in Germania, prediligendo i siriani, scaricando gli altri ai Paesi confinanti e contribuendo, di fatto, ai casi di cronaca che hanno infiammato l’estate tedesca. Gli hot spot e i centri di accoglienza, presentati inizialmente come una soluzione miracolosa, sono risultati fallimentari su tutti i fronti: una parte notevole di coloro che sbarcano sulle coste italiane, essendo analfabeta, non formula la richiesta di rifugiato e viene definito, quindi, migrante economico.

Per fare un esempio: a Lampedusa solo il 10% di tutte le persone sbarcate fino ad oggi hanno manifestato la volontà di chiedere asilo. Le conseguenze spiacevoli di Mare Nostrum, come quella del 03 ottobre 2013 che ha visto la morte di 368 persone, vengono tutte addebitate all’Italia nonostante si sappia ormai da anni come siano, al contrario, navi spagnole, maltesi e libiche a scaricare i clandestini sulle nostre coste in base al diritto di sbarco nel Paese più “vicino” stabilito dalla regole comunitarie.

Toni da maestrina che lasciano un po’ il tempo che trovano, suonano ipocriti e un po’ a senso unico; se la Comunità Europea blatera contro l’Italia, che cominci a togliere categoricamente questo “diritto” imponendo alle navi che prelevano i clandestini di accoglierli nel Paese del quale battono bandiera e minacciandole di pesanti sanzioni qualora trasgredissero.

Solo a Cagliari, la nave spagnola della Guardia Civil “Rio Segura” ha sbarcato 619 migranti “soccorsi” nelle coste libiche. Stessa cosa la nave francese, Bourbon Argos, a Crotone, dove scaricò 601 clandestini. Tutto ciò è inconcepibile.

Attenzione, con questo non vogliamo dire che noi non abbiamo gravi colpe, anzi. Siamo il Paese in cui l’immigrazione è diventata un business per le cooperative in cambio di fondi pubblici, come dimostrano i recenti casi a Venezia, a Catania e a Foggia. Siamo il Paese dei lavaggi del cervello a slogan quali “i clandestini ci pagheranno le pensioni” e “fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”, quando anche le persone meno intelligenti sanno che non esistono lavori umili ma solo lavori mal retribuiti e che farli fare agli immigrati, oltre ad essere una infame forma di schiavismo, è un vile meccanismo di dumping sociale ai danni dei lavoratori e delle loro dure e secolari lotte: se non accetti le mie condizioni trovo subito un disperato straniero che le accetta.

Se un Paese ha una curva demografica che tende all’invecchiamento e non ha sufficiente ricambio generazionale, chi lo governa dovrebbe preoccuparsi di invertire la tendenza e garantire un futuro, non compiacersi di importare carne fresca (ed economica) da “fuori” come farebbe un qualsiasi mercante di vacche. È il progetto di reingegnerizzazione delle popolazioni europee e della perdità delle identità nazionali caldeggiato nel lungo periodo da questi burocrati che, oggi, si ergono a crociati e (finti) patrioti.

(di Davide Pellegrino)