Il cugino di Gheddafi racconta la distruzione della Libia

I risultati della guerra imperialista occidentale in Libia sono stati anche più devastanti di quelli delle aggressioni in Iraq e Siria.

Ahmed Gaddaf al-Dam, cugino del defunto leader rivoluzionario libico Muammar Gheddafi, ha rilasciato un’intervista esclusiva a RT nel corso della quale ha spiegato le ripercussioni disastrose della guerra scatenata da Francia e Gran Bretagna contro la nazione libica, guerra il cui principale architetto e più accanito fomentatore è stata Hillary Clinton, ai tempi Segretario di Stato dell’amministrazione Obama.

Cinque anni dopo la guerra, della Libia rimane quello che potrebbe essere accuratamente descritto non solo come uno stato fallito, ma anche un territorio in cui bande di pirati sono in conflitto perenne con varie bande di terroristi, tra cui Isis e Al-Qaida, per il controllo delle risorse nella regioni. La Libia sotto Gheddafi era un paese stabile in cui la generale qualità della vita era elevata, con un tasso di alfabetizzazione intorno al 100% (prima della Rivoluzione del 69, la quasi totalità dei libici era analfabeta), e la difesa della nazione contro il terrorismo era priorità assoluta.

Persino Bush ritenne di riallacciare i rapporti con Gheddafi, al fine di instaurare una collaborazione nella “guerra al terrore”. Ma lo spirito di cooperazione non perdurò, specialmente non in seguito alla proposta di Gheddafi relativamente all’introduzione del dinaro d’oro come moneta in Libia, per poi espandere in seguito ad altri paesi africani, superando di fatto la dipendenza dal dollaro.

La guerra ha devastato un paese ricco, pacifico e prospero.  Ahmed Gaddaf al-Dam ha descritto la situazione in questa maniera: “La guerra, la distruzione della Libia, tutto questo, utilizzando le loro stesse parole è stato un errore. L’Occidente ha riconosciuto la propria responsabilità nel rovesciamento di un governo rivoluzionario in Libia. Tutti quanti dovrebbero, innanzitutto, chiedere perdono e fare ammenda per la colpa di cui si sono macchiati. Ma il popolo libico sofferente, costretto a vivere nei rifugi, ad abbandonare le proprie case, non ha ottenuto nulla di tutto questo nei sei anni passati. Quello che sta succedendo il Libia è un crimine sotto tutti i punti di vista”.

Gaddaf al-Dam ha ragione nell’affermare che la vita dei cittadini libici è stata completamente devastata dalla guerra. In Iraq, un paese politicamente molto più diviso di quanto la Libia non sia mai stata, gli scettici e persino i diretti oppositori di Saddam ammettono liberamente che la situazione del paese era infinitamente preferibile nel periodo precedente al 2003.

In Libia la situazione è persino più disastrosa. Mentre l’Iraq sta lentamente percorrendo il cammino verso la ricostruzione del paese, malgrado i combattimenti legati alla presenza dell’Isis nella roccaforte di Mosul, la situazione in Libia appare sempre più senza speranza.

Gaddaf al-Dam ha ragione nel dire: “In questo anniversario della Primavera Araba, i colpevoli devono chiedere perdono a tutti i libici: quelli le cui case sono state distrutte, quelli che hanno patito umiliazioni su umiliazioni. In loro nome, io chiedo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le potenze responsabili si scusino per quanto hanno causato nel 2011”.

Le scuse sono doverose, ma ancor più necessario è un impegno internazionale costante volto alla ricostruzione di uno stato fallito nemmeno in grado di decidere se la sede del governo si trova a Tripoli o a Benghazi.  È difficile suggerire possibili soluzioni. In quanto vicino della Libia e paese più popoloso nel mondo arabo, l’Egitto sarebbe la potenza straniera più appropriata per aiutare a ricostruire la Libia e a renderla nuovamente una nazione, ma questo implicherebbe per forza un grande investimento in volontà e sforzi da parte del governo egiziano, e tale progetto potrebbe non rientrare nelle priorità dell’amministrazione Sisi.

È certo che ulteriori interventi da parte della NATO renderebbero se possibile ancor più tragica la gravissima situazione. La Russia è distaccata dalla situazione e, senza un chiaro mandato politico come nel caso della Siria, è altamente improbabile che decida in favore di un coinvolgimento.
Insomma, i problemi in Libia sono infiniti, e le soluzioni sono ben poche.

(da The Duran – Traduzione a cura di Maria Teresa Marino)