Terza Roma: il destino della geopolitica russa

Nel novero della storia mondiale il più grande Impero di tutti i tempi fu Roma. Qualora sorgessero dubbi sul fatto che l’Impero Romano non fu il più vasto, territorialmente parlando, degli imperi mai esistiti sulla terra, (il primato spetta infatti all’Impero mongolo di Gengis Khan), ma nonostante ciò fu il più Grande degli imperi basti pensare alla sua eredità. Da Roma l’Occidente ed il mondo intero hanno ereditato il diritto, la politica, l’architettura e la filosofia. Abbiamo ereditato più cose di quante ne possiamo immaginare, ed esse ciclicamente ritornano: tutt’oggi vengono studiati i manuali militari e i testi di Cesare, per fare un esempio. I padri della Chiesa vissero tutti sotto il manto protettivo – e persecutorio alcuni – della Lupa.

Con la deposizione di Romolo Augustolo nel 476 lo scettro passò a Costantinopoli. Vera erede della Roma imperiale e della sua ideologia di ordine e potenza sul mondo, l’Impero Bizantino durò più di mille anni per essere cancellato una volta per tutte dall’inarrestabile potenza ottomana nel 1453. Se Roma passò il testimone a quella che oggi viene erroneamente chiamata Istanbul, Costantinopoli lo passò alla sua figlia naturale: Mosca.

Il popolo russo venne fortemente plasmato dalla corte di Costantinopoli quando ancora era un mélange di vichinghi svedesi e popoli delle steppe. Non solo i letterati bizantini gli donarono una nuova religione unificante, il cristianesimo ortodosso, un alfabeto, quello cirillico, ma anche una nuova ideologia di potere. Ideologia che sarà nei secoli il vero bastone su cui poggerà la potenza moscovita prima e quella russa poi. Una volta divenuta l’unica erede di Roma, Mosca subì allora il dominio mongolo, che non fece altro che migliorare ed implementare la filosofia di governo russa, proiettandola da un piano prettamente europeo ad uno eurasiatico.

Possiamo, facendo un salto cronologico, riconoscere su per giù tre grandi momenti per la storia della politica russa: il primo è la vittoria di Pietro il Grande su Carlo XII di Svezia, che donò agli Zar (la stessa parola Zar deriva dalla storpiatura russa della parola Cesare, ovvero, per antonomasia, imperatore), il controllo sul Baltico. La sconfitta di Napoleone, che vide la Russia in primo piano insieme allo zar Alessandro I, che la portò ai vertici della politica europea. Infine la grande vittoria di Stalin e dell’URSS contro la Germania di Adolf Hitler, che consentì alle truppe russe di arrivare fino a Vienna e di ampliare così la madrepatria da Vladivostok fino in Ungheria, (se non fisicamente attraverso il Patto di Varsavia).

Che sia stata l’ideologia imperiale degli Zar o quella comunista dell’URSS e della Rivoluzione rossa non importa: il popolo russo ha da sempre vissuto con l’idea di avere una missione speciale, un destino scritto nelle stelle. Non stiamo parlando dei vaneggiamenti di dominio razziale tipici della Germania di Hitler o quelli buonisti e globalisti degli Stati Uniti d’America dagli anni ’90 ad oggi. Ma di una caratteristica insita nella popolazione dovuta alla sua storia peculiare e alla sua posizione geografica.

La Russia infatti non ha confini naturali; da una parte l’Oceano Pacifico, dall’altra la steppa vera e propria si trasforma prima in foresta e poi si scontra con i Monti dei Balcani. Ma un vero confine fisico non esiste. Come nota il filosofo russo Aleksander Dugin, la geopolitica russa non cambiò, infatti, mai: non importa che a sventolare sulla bandiera fosse un aquila bicipite o una falce ed un martello, l’URSS proseguì la stessa politica degli Zar di ampliamento dei confini nell’Asia centrale ed in Europa.

Ma oggi, qual è la politica estera russa? Come si muove il presidente Vladimir Putin nello scacchiere internazionale? Prima di discutere di ciò dobbiamo dimenticare i tempi della guerra fredda, benché gli USA non sembrino voler abbandonare il loro ruolo egemonico, ad oggi un mondo bipolare o multipolare è pressoché impossibile. Il dominio americano, lo stato di polizia imposto dagli USA dopo il crollo del muro di Berlino, ha dato numerosi segni di crollo. La politica estera statunitense marcata Pentagono, Clinton ed Obama è fallita miseramente, così come quella a nome Bush.

La Russia, dal canto suo, dopo lo sfacelo degli anni ’90, quando l’intero paese era stato venduto da El’cin al miglior offerente, si sta lentamente riprendendo e ora sfoggia un invidiabile apparato logistico e politico. Colpita nel corso degli anni ’90 da una pesante crisi economica, il colosso eurasiatico si è ora affermato come esportatore di petrolio e gas naturale. Con il crollo dell’Unione delle Repubbliche Sovietiche la Russia ha perduto gran parte del proprio territorio, benché rimanga a tutt’oggi il paese più grande al mondo, essa ha perso terreno in Europa e in Asia a favore di Repubbliche indipendenti come Bielorussia, Ucraina, Lettonia, Estonia, Lituania, Kazakistan, Kirghizistan e molte altre. Con alcune di esse i rapporti sono rimasti buoni, mentre con altre i rapporti si sono inaspriti sempre più.

Chi crede che la Russia sia da poco intervenuta in Medio Oriente senza pretese o senza alle spalle un passato di interessi e mediazioni si sbaglia di grosso. L’URSS aveva fin da subito appoggiato i numerosi paesi arabi, governati da regimi socialisti (il partito Ba’ath in primis), in chiave anti-israeliana e anti-americana. L’appoggio al partito socialista arabo aveva anche la funzione di limitare qualsiasi estremismo islamico, o qualsiasi rivendicazione religiosa che potesse frammentare e incendiare la regione. Da sempre la Russia ha tentato di ottenere accesso ai mari caldi, in primis al Mediterraneo, incontrando però l’ostacolo degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli in mano turca.

L’intervento in Siria a favore di Bashar al-Assad è quindi perfettamente in linea con gli interessi russi di sempre, la base di Tartus sul Mar Mediterraneo è uno dei maggiori porti russi esteri, insieme a quello in Crimea. In Medio Oriente la Russia è direttamente interessata a combattere l’estremismo islamico, fondamentalismo che ricordiamo era stato usato a piene mani dagli USA in Afghanistan in chiave antisovietica.

Putin si schiera quindi senza dubbi a favore dell’unità della Siria rappresentata dal suo presidente Assad, e di recente, dopo essere stato scaricato dai suoi alleati di sempre – NATO, USA – si è riavvicinata pure alla Turchia di Erdogan. Cane pazzo del Medio Oriente, Erdogan è entrato nella ribalta internazionale camminando sempre sul filo del rasoio: innanzitutto ha appoggiato la nascita dell’ISIS acquistando petrolio dallo Stato Islamico e vendendo armi ai tagliagole islamici. Ha poi abbattuto un aereo russo causando la morte dei due piloti, e ha sovvenzionato a piene mani la causa dei ribelli “moderati” made in USA che stanno insanguinando la Siria da anni ormai trascinandola in una lunga guerra intestina. Ora, dopo il fallito colpo di stato, il Sultano si è rivolto di nuovo alla Russia, anche perché l’embargo imposto da Putin stava distruggendo l’economia turca. Sebbene sia quasi impossibile capire le prossime mosse di Erdogan il rapporto con la Russia si è via via disteso permettendo la riapertura di un dialogo.

La Russia appoggia sempre nella regione Medio Orientale pure l’Iraq e l’Iran, ambedue paesi a maggioranza sciita. Alcuni giornalisti sono arrivati a definire questo supporto come la Mezzaluna sciita di Putin, che unisce Damasco a Baghdad e a Teheran, e si scontra senza se e senza ma con l’Arabia Saudita sunnita e wahabita. Non solo, da quando le forze americane si sono ritirate dall’Iraq le agenzie russe hanno iniziato ad allacciare accordi economici con i paesi del Medio Oriente fornendo energia e commesse militari.

Per quanto riguarda l’Europa è fondamentale per i russi mantenere dei buoni rapporti, così come lo è per noi. In primis la Russia è uno dei più grandi fornitori di gas naturali e di petrolio. Gas che possono essere facilmente portati nelle nostre case per riscaldarci e darci elettricità grazie ai gasdotti costruiti dalla Gazprom. Pensiamo solamente al North Stream che passa per l’Est Europa per arrivare in Germania. Pure l’idea di un secondo gasdotto, il South Stream, che passando per Turchia ed i Balcani arrivasse in Italia, sarebbe fondamentale nella politica energetica russa visti i numerosi giacimenti, ma ad oggi non possiede abbastanza clienti.

Sorgono però numerosi problemi di carattere prettamente militare. Con la caduta del muro di Berlino l’accordo era che la NATO non si sarebbe spinta più ad est della cortina di ferro, perché ciò avrebbe minacciato gli interessi russi ma soprattutto la presenza di truppe NATO e di missili USA nell’est Europa avrebbe seriamente compromesso la difesa dei suoi stessi confini. Ovviamente così non accadde: la NATO pian piano continuò ad inglobare i paesi usciti dal patto di Varsavia, poco alla volta essa è arrivata fino alle repubbliche baltiche ed ora ha tentato pure, destabilizzando la regione, di far passare dalla sua l’Ucraina.

Ucraina e Russia, per quanto possiamo credere, sono due paesi fortemente legati da sempre. Fu in Ucraina, a Kiev per la precisione, che si venne a formare il primo prodromo di quella che sarà poi la Terza Roma. E tutt’oggi l’Ucraina è considerata dai russi come “la madre di tutte le città russe”. Possiamo quindi senza dubbio definire che l’Ucraina è considerata dai russi come il loro Rubicone. Oltrepassarlo vuole dire guerra.

La destabilizzazione goffamente operata dagli USA con la piazza di Euromaidan e l’insurrezione della popolazione ha portato alla caduta del governo, neanche troppo filorusso, di Yanukovich, per formarne uno totalmente servo della NATO e degli Stati Uniti e violentemente antirusso. Ciò ha portato ovviamente non solo alla reazione russa, ma anche alla reazione della stessa popolazione russofona ucraina, numerosa nel paese e numerosissima nelle regioni dell’est. Con l’escalation delle violenze e dei proclami antirussi la popolazione russa dell’est è infine insorta prendendo le armi e dichiarando l’indipendenza. Prima fra tutte fu la Crimea a ribellarsi e a dichiarare l’indipendenza attraverso un referendum che poi ha anche sancito il suo ritorno alla madrepatria diventando parte della Federazione Russa.

Tutt’oggi la guerra nel Donbass non è finita. Il regime di Kiev e i suoi movimenti paramilitari nazisti hanno, dal 2014 ad oggi, sfogato la propria rabbia sulla popolazione inerme delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk i cui volontari, ormai strutturati in un vero e proprio esercito, combattono con successo contro le armate del nuovo regime. La risoluzione del conflitto è stata più volte cercata sia dal presidente Vladimir Putin sia dai separatisti Novorussi, ma le forze politiche e militari di Kiev si sono sempre opposte a qualsiasi pacificazione e hanno infranto ogni cessate il fuoco. La pacificazione della regione è sempre più lontana tanto più la NATO continua nella sua politica di aggressione contro la Russia. Ultima provocazione è stata quella di schierare un’intera divisione pesante corazzata sul confine russo-polacco.

In Asia i rapporti di Mosca con Pechino e altre potenze della regione sono per lo più positivi e si basano su accordi economici e politici, in alcuni casi pure militare. Con le Repubbliche centroasiatiche i rapporti migliorano di anno in anno, essendo questi rimasti molto legati al passato sovietico della regione. Ora, ciò che è importante sottolineare è che Putin in primis, e tutto il pensiero politico russo, si basino su una visione multipolare del mondo, dove le varie potenze collaborano per far prosperare l’economia e la politica. Visione diametralmente opposta a quella della dirigenza USA, almeno fino all’elezione di Donald Trump, che ha da sempre visto il globo come un affare politico interno.

Ritenere che nella Russia riposi il salvatore del mondo sarebbe un errore, ma se fino ad oggi qualsiasi politica in campo relazioni estere made in USA si è poi rivelata fallimentare due domande bisognerebbe porsele. In questi ultimi anni la Federazione russa ha dimostrato non solo di essere un importante attore geopolitico a livello mondiale, ma anche di possedere una forza militare non indifferente capace di operare a vasto raggio e in maniera chirurgica. Sono ormai un ricordo sbiadito le gigantesche brigate corazzate sovietiche e le masse di fanteria senza fucile all’attacco. Putin ha assicurato al suo paese di prosperare e di risorgere dopo un periodo di torbidi quali furono gli anni ’90 dove la recessione politica ed economica era la normalità.

Ora l’orso russo è tornato a ruggire, e a noi viene spontaneo chiederci: perché inimicarci il paese più grande del mondo, che ama e ha da sempre amato l’Italia, quando questo in primis vuole instaurare con noi relazioni commerciali pacifiche e fruttuose?

(di Marco Franzoni)