Africa: come “aiutarli a casa loro”

Sono ormai diversi decenni che le ex potenze coloniali hanno formalmente “abbandonato” l’Africa, ma la questione delle colonie, con i suoi strascichi storici, tiene ancora banco, e il problema si sta riflettendo in maniera pesante sulla società europea, attraverso un’immigrazione incontrollata e foraggiata da un sistema iper capitalista, che non fa nemmeno più finta di nascondere una tratta di schiavi moderna creata ad hoc per ridurre ancora di più le già pessime tutele contrattuali del lavoratore medio basso sud europeo.

Ovviamente la sinistra italiana, e in generale tutto il mondo liberaldemocratico di stampo progressista, braccio politico di questa tratta organizzata, ha confezionato questo esodo sotto l’ombrello sentimentale e storico dei diritti umani e delle inevitabili conseguenze di secoli di dominio coloniale.

La loro analisi però si ferma volutamente a questo. Un ragionamento più profondo e conoscitivo della situazione africana porterebbe a trovare soluzioni ben migliori dell’accoglienza a tutti i costi e indiscriminata, e andrebbe a smontare tutta la macchina prezzolata della tratta, che assomiglia in tutto ai viaggi delle navi negriere che partivano dalle coste del golfo della Guinea verso le Americhe dal XVI secolo in avanti.

Cerchiamo di fare chiarezza. Anzitutto va detto che l’Africa è un continente vasto a stampo tribale, dove la gestione di ogni singolo Stato trova difficoltà nella redistribuzione delle enormi risorse naturali, impedita da governi corrotti e da interessi stranieri .

Prendiamo come esempio la Nigeria, uno Stato quasi continentale, il più popoloso d’Africa, con i suoi 160 milioni di abitanti dichiarati e ricchissimo di materie prime, dal petrolio al gas, dai minerali ai milioni di ettari di terreni fertilissimi.

Dalla Nigeria parte il più grande numero di richiedenti asilo africani sub sahariani che approdano sulle nostre coste, quasi tutti di etnia yuruba, benin o igbo, prevalentemente dal sud ovest del Paese, quindi in zone non interessate dai terroristi di Boko Haram, che invece operano al Nord .

Ovviamente dopo un lungo iter burocratico i richiedenti asilo si vedono respingere le domande.  Ma invece di essere rimpatriati vengono assimilati nelle periferie delle città italiane ed europee, andando ad alimentare la manodopera della criminalità organizzata o il lavoro nero sottopagato: questo per i nostri politici sembra essere motivo di arricchimento, al punto che le definizioni degli immigrati come  come “risorse” o “modelli di avanguardia sociale”, sono entrate a far parte del lessico comune.

Constatata l’evidente malafede e convenienza da parte della classe politica progressista e cattolica nel sostenere questa situazione, la domanda che ci dobbiamo porre è: quali mutue opportunità possono crearsi in una soluzione di cooperazione per lo sviluppo del continente nero?

Sicuramente molteplici, perché già ci sono migliaia di aziende straniere (anche non multinazionali) che operano in Africa con ottimi risultati. È del tutto evidente che gli stessi ad oggi non siano sufficienti per creare uno sviluppo sostenibile a lungo termine, a causa dell’ostruzionismo di interessi politici, religiosi e tribali interni, oltre che delle strutture della multinazionali stesse, che si trovano di fronte a un sistema sicuramente più facile e immediato per fare affari.

All’esportazione di democrazia “modello Libia”, che ha affossato il più grande progetto di riscatto sociale del continente nero attraverso i crediti erogati dalla banca africana voluta dal colonnello Gheddafi e dall’allora presidente nigeriano Obasanjo, si potrebbe rispondere con una politica che incoraggi l’esportazione del senso di impresa collettiva, di maestranze artigianali, agricole e sanitarie, di piani di sviluppo industriale, di estrazione a basso impatto ambientale delle risorse naturali come avviene con le nuove tecnologie in Norvegia e in Australia .

Ad oggi pochi sanno che sono circa 10mila gli italiani che vivono in Nigeria. La maggior parte lavora in piccole e medie aziende private che vanno dal settore edile, a quelli agricoli e dei servizi, dando lavoro a milioni di nigeriani. Un’ Europa seria ed una classe politica che si fregia ancora del nome “socialista” e si definisce progressista dovrebbero guardare ed incentivare queste realtà, vero veicolo di risorse, a differenza delle varie ONG e ONLUS di facciata.

Sembra invece che tra una marcia scalza e una maglietta de “l’accoglienza fa bene”, la cosa più redditizia sia quella di favorire lo sradicamento di milioni di persone che vanno ad impoverire ancora di più un continente nel pieno della sua discesa economica e culturale, il tutto per favorire un business miliardario legato ai centri di accoglienza.

Trovare opportunità è una grande sfida che solo una classe politica capace, onesta e indipendente può portare avanti, con una società matura che la smetta di aggrapparsi al moralismo e al pietismo di moda nei salotti buoni e nei centri sociali, pensando che i problemi si possano risolvere con una manifestazione di gloria al meticciato, ovvero la peggior forma di discriminazione razziale.

Tutto ciò illude chi viene da lontano e insulta una classe lavorativa italiana che sta condividendo con l’Africa non un futuro di benessere, ma di dura povertà.

(di Simone Nasazzi)