Musica italiana e Festival di Sanremo: il binomio dell’orrido.

Sermoni di politicamente corretto un tanto al chilo, “artisti” mediocri e riciclati, raccomandazioni provenienti dai Talent, canzoni dai testi insignificanti e dagli arrangiamenti scabrosi, ospiti che non hanno nulla da dire; il Festival di Sanremo è diventato il bacino di raccoglimento del trash e del degrado musicale nel quale stagna da anni l’Italia. Ma questo mica da ora, dal primo giorno della sua esistenza.

Che la musica italiana, specialmente dopo il fascismo, abbia subito un’involuzione netta è un fatto che anche l’orecchio più scarso saprebbe riconoscere; negli anni ’30 e ’40, voci come Alberto Rabagliati, Ferruccio Tagliavini, Gilberto Mazzi, Tino Rossi e Carlo Buti, a un testo ricercato e a tratti goliardico come Mille Lire al Mese o Mattinata Fiorentina, aggiungevano un arrangiamento che addirittura, ascoltando con una certa attenzione, nulla aveva da invidiare allo Swing anni’30 d’oltreoceano dei vari Benny Goodman e Woody Herman. Magistrale, un lavoro a 360º.

Dagli anni ’60 in poi vi è stata un’inversione di tendenza; il cantautore – o presunto tale – concentra di più la sua attenzione sul testo, quasi sempre melensamente mieloso e trito e ritrito di banalità per menti semplici, a scapito della costruzione metodica di un arrangiamento che si rispetti e che si definisca tale. L’errore imperdonabile sta a fondo; il non essere stati in grado di inserire, nella costruzione di brani cantautorali, le influenze del Blues urbano, del Rock ‘n Roll e del Country del cosiddetto “sound di Nashville” dei vari Hank Williams e Patsy Cline. Gli USA e il Regno Unito lo hanno fatto, ed anziché angosce per aspiranti suicidi come Piccolo Grande Amore di Claudio Baglioni o Luigi Tenco, si sono ritrovati le venature Delta di Bob Dylan in Everything Is Broken, la Psichedelia di Donovan in Season Of The Witch, The Trip e Atlantis e il tocco Southern di Johnny Cash in Ring Of Fire piuttosto che in Walk The Line.

Un abisso. L’unica volta che abbiamo provato a copiare o scimmiottare ci siamo ritrovati Adriano Celentano e Bobby Solo e, per decenza, ogni commento sarebbe superfluo. Tuttavia, per sprovincializzare una generazione non è sufficiente rottamare per sempre questo baraccone e tutta la schifezza collegata, ci vuole molto di più; occorre mettere fuori legge Radio Italia, RTL 102.5, i concerti di Ligabue, Vasco Rossi, Laura Pausini e Tiziano Ferro. Il male parte da qui.

(di Davide Pellegrino)