USA: non è Trump il presidente, governano Corte Suprema e Pentagono

No della Corte Suprema statunitense all’attuazione del decreto che prevede lo stop all’immigrazione dai sette paesi a maggioranza islamica, no del Pentagono all’abbandono dei miliziani curdi in Siria. I quadri militari hanno confermato di “non sapere nulla” in merito a cambiamenti di direzione sulla questione e pertanto si promettono di proseguire nel sostegno dei “gruppi di opposizione in Siria, per combattere l’ISIS”.

Ma c’è da rilevare che, in appena 15 giorni dall’insediamento, il teoricamente detentore del potere esecutivo negli USA viene già fermato in due delle sue iniziative fondamentali, tanto in politica interna quanto in quella estera.

Si realizza, insomma, quello che qualunque analista un minimo navigato sa già da anni: perfino nel Paese con l’esecutivo più forte tra le democrazie occidentali il presidente riesce ad essere realmente indipendente e a promuovere un indirizzo alla politica, cosa che tra l’altro aveva dimostrato – soprattutto in tema di lavoro – con la presa di posizione contro Carrier e Ford, intimandogli di assumere disoccupati americani e di non proseguire nella opera di de-localizzazione dei loro dipendenti all’estero.

Per amore della verità, era successo anche all’Obamacare: il progetto dell’ultimo presidente americano prevedeva di coprire un numero decisamente maggiore di americani senza assistenza sanitaria, ma le lobby sanitarie e le opposizioni repubblicane hanno condotto all’approvazione di una riformina sostanzialmente inconsistente.

Insomma, certe cose non cambiano mai. Il modello anti-globalizzazione promosso da Trump fatica a farsi largo, così come il suo piano di riassetto strategico in Medio Oriente. L’immigrazione dai Paesi arabi continuerà, esattamente come l’abbassamento dei salari, a meno di sviluppi attualmente imprevedibili.

La “riforma” si conferma un concetto ostile quando di mezzo c’è l’establishment: e la democrazia è solo una pia illusione.

(di Stelio Fergola)