Linkiesta e la sua “satira”, quando l’insulto diventa un vanto

Si parte con il “familismo amorale” messo nell’attacco e nel sottotitolo. Così, perché fa figo, anche se con la questione non c’entra nulla. Un giornale francese “satirico” che insulta morti, defunti e tragedie con le sue vignette non può essere compreso da un “paese bigotto, abituato alla satira inoffensiva”. Questo è il sunto.

Secondo Fulvio Abbate, autore del pezzo in difesa di Charlie Hebdo per il giornale online Linkiesta, sarebbe dunque una colpa offendersi per dei disegni che non hanno nulla di educativo, nulla di sferzante né di socialmente utile, se non marciare sulle tragedie in modo irriverente e privo di qualsiasi rispetto.

Il discorso, permeato dei soliti miti stranieri erti a modelli ineguagliabili dalla povera e rozza Italia in contrapposizione ai satiri nostrani, incapaci di produrre qualcosa di “corposamente nichilista, dunque in grado di non fare sconti di pena a nessuno, neppure allo zoppetto” non ha un reale senso se non documentaristico, utile a conoscere esempi di autori stranieri e italiani il cui giudizio differenziato resta una valutazione enormemente criticabile.

Ne deduciamo che lo “zoppetto” e i “morti sui quali si può ridere”, facciano parte di quelle categorie di persone a cui “non fare sconti” come se fossero addirittura dei criminali, perché non c’è un altro modo per interpretare un delirio come quello sovraesposto: se non si fanno sconti allo zoppo o al morto, vuol dire che gliela si vuole far pagare. E non si esce, mi spiace, da tale corto circuito.

La totale re-interpretazione della parola “satira”, molto in voga durante il ventennio berlusconiano, ha prodotto dei danni culturali davvero gravi. Essa è diventata sinonimo di insulto facile, del “se lo si dice con una battuta è lecito”, e altre amenità che nulla hanno a che vedere con l’origine latina del genere.

Non c’è l’insulto in Orazio, Ennio o Pacuvio  – per citare alcuni autori della letteratura latina –  ma solo la presa in giro dei potenti, anche la critica serrata o le invettive personali, qualcosa di molto diverso da ciò a cui l’ignoranza istituzionalizzata occidentale ci ha abituato dalla seconda metà del XX secolo in avanti. Perfino nel cattivissimo Lucilio (considerato l’inventore del genere e non seguito allo stesso modo da altri), nonostante il ripetersi di invettive ad personam,  non esiste una pratica simile.

Questo tralasciando il fatto che ridere di una neve che seppellisce cadaveri non costituisce nessun bersaglio politico.

Magari l’Italia non può produrre un’autentica satira “offensiva” e il caro Abbate ha ragione. Ma la questione è molto più semplice: in quel caso ne saremmo fieri.

Vuol dire che il nostro Paese, differentemente dal resto del mondo occidentale, mantiene ancora uno spirito del contegno nonostante tutto, nonostante l’esterofilia dilagante e nonostante ci siano persone come lui a fare apologia del disprezzo umano come se fosse anche una cosa di cui andare orgogliosi.

Quindi, senza troppi giri di parole, diciamo a fronte alta: viva l’Italia. Il più morale dei Paesi occidentali. Tenetevi il vostro insulto “chic”, il vostro grigiore, la vostra mancanza di rispetto per l’essere umano. Qualcosa che, nonostante tutto, da noi esiste ancora.

Tanti cari saluti, semicolti.

(di Stelio Fergola)