La crociata “culturale” delle élite americane

Donald Trump è «un delinquente, un cane, un maiale», asserisce Robert De Niro, aggiungendo che lo prenderebbe volentieri a «pugni in faccia». Ariana Grande definisce «assolutamente terrificante» il risultato delle elezioni. Katy Perry, su Twitter, invita il popolo americano a fare una «rivoluzione». Insomma, la lista di dichiarazioni, offese e insulti contro il nuovo presidente degli Stati Uniti è lunga. Lunghissima. Ce n’è davvero per tutti i gusti: attori, cantanti, modelle, influencer di vario genere hanno agito in modo compatto, hanno “fatto muro” – proprio loro che, ironia della sorte, sostengono la necessità di “creare ponti” – per sconfiggere il “violento, sessista, razzista” magnate newyorkese, la cui figura è stata demonizzata al di là di ogni limite accettabile. Uno spettacolo davvero poco dignitoso da parte di quanti si professano aperti e tolleranti.

Tralasciando quanto sia antidemocratico incitare al rovesciamento di un Presidente democraticamente eletto, in un Paese che, paradossalmente, pretende di esportare il proprio modello in tutto il mondo; sorvolando sull’ipocrisia di star tutt’altro che eticamente lodevoli che si ergono a moralizzatrici; chiudendo un occhio sul fatto che coloro che accusano Trump di violenza verbale sono i primi a ricorrere ampiamente al famigerato “hate speech”; c’è un punto su cui ci si deve fermare a riflettere. Un punto sottolineato in maniera particolarmente sagace dalla pagina Facebook “Disdain for Plebs”, che in un post datato 21 settembre 2016 scrive: «Celebrità hollywoodiane quali Scarlett Johansson e Robert Downey Jr. vorrebbero ricordare a tutti noi per chi dobbiamo votare, perché nessuno sa cos’è meglio per voi e per me, per i nostri standard di vita, di un disconnesso e privilegiato milionario che vive in una comunità omogenea e chiusa sulle colline [di Beverly Hills], guardando dall’alto i tuguri in cui viviamo noi pezzenti».

Lo sfacciato endorsement alla candidata democratica Hillary Rodham da parte di tutto lo star system a stelle e strisce, dunque, non solo non ha sortito l’effetto desiderato, ma ha addirittura provocato una potente reazione di rigetto negli elettori, giustamente offesi dallo snobismo e dal paternalismo di un’élite ristretta e lontana dai problemi dell’americano medio. Un’élite che, però, si è arrogata il diritto di insegnare alla massa di “miserabili” chi è giusto votare e chi va invece demonizzato e insultato a priori, senza se e senza ma. È lo stesso problema evidenziato da Mark Wahlberg in una sua recente intervista per la prima della sua ultima pellicola, Patriots Day: «Possono comprare il tuo CD o vedere il tuo film. Ma non metti il cibo sulle loro tavole, non paghi le loro bollette. Molte star di Hollywood vivono in una bolla, hanno perso il contatto con la gente comune, con la persona qualunque che là fuori provvede al mantenimento della sua famiglia». L’attore ha infatti scelto di non schierarsi per nessuno dei candidati alla presidenza per tutta la durata della campagna elettorale, attirandosi per questo motivo pesanti critiche da gran parte dei media americani. Critiche rivoltegli, tra l’altro, anche per la sua solida fede cattolica, mai nascosta dal protagonista di The Fighter e Lone Survivor, dato che – come ha più volte affermato – è stata proprio la conversione a permettergli di redimersi da un passato turbolento, segnato da dipendenza da cocaina e pestaggi, a causa di uno dei quali è stato condannato a quarantacinque giorni di prigione a soli sedici anni.

Insomma, che si tratti di politica, di religione o di semplici opinioni, si conferma nuovamente la triste dinamica per cui, se non ci si schiera dalla parte del politicamente corretto, si diventa automaticamente bersaglio di ostilità, insulti, boicottaggio e ostracismo da parte dell’intero show biz. C’è però da chiedersi se, dopo aver subito lo scacco elettorale rappresentato dall’elezione dell’innominabile Donald Trump, le star impareranno dal proprio errore e avranno l’umiltà di fare un passo indietro – occupandosi di ciò che gli compete –, o se invece persevereranno in questo patetico siparietto ormai simbolo del degrado della politica occidentale, cui noi italiani siamo ben abituati sin dai tempi dell’antiberlusconismo.

(di Camilla Di Paola)