«Il New York Times andrò oltre rispetto ai piani del generale Peters, con una scandalosa mappa del settembre 2013 che illustrava come “5 Stati potrebbero diventare 14”, mentre Stratfor evidenziò come 17 diversi centri di potere siano emersi attraverso 5 Paesi sovrani […]
Come per i curdi iracheni, sebbene nemmeno sedicenti “neomarxisti”, altri attori hanno supportato o la federalizzazione o il totale separatismo, e avrebbero sviluppato naturalmente le loro indipendenti relazioni con altre controparti curde se fossero riusciti ad affermare i loro schemi di trasformazione della mappa politica.
Sebbene le differenze linguistiche e storiche avrebbero prevenuto probabilmente la creazione di un ‘superstato’ curdo, l’effetto tangibile di ciò potrebbe condurre rapidamente alla dissoluzione di stati multietnici – con l’ascesa di una “seconda Israele geopolitica” in una parte della regione – o, ancora, ritagliare un sistema politico supportato dall’unipolarismo dal territorio rubato ad altri Paesi. […] questo significherebbe il completamento del Piano Yinon israeliano (1982) di frantumazione statale lungo l’intera periferia dei Paesi musulmani, assicurando a Tel Aviv un potere indisputato in Medio Oriente. […]
Questo significa che Washington possiede due potenti leve a sua disposizione per costruire la versione del XXI secolo del piano Yinon nel “Nuovo Medio Oriente”; wahabiti e “neo-marxisti”, entrambe duramente contrapposti ma nondimeno complementari strumentalmente per la politica estera statunitense (o come “utili idioti” o come proxies diretti)».
Di Andrew Korybko, estratto da OrientalReview.org. Traduzione a cura di Davide Ragnolini