L’immoralità dello star system anti-Trump

C’era una volta un regno incantato. Lì tutto scorreva sereno, in pace ed armonia; e gli uomini, accomunati dal comune senso di rispetto e fratellanza, vivevano in quiete in un clima sempre festoso e giocondo. Questo eden si chiamava Stati Uniti d’America.

Al comando c’era il magnifico Barack Obama, un nobile e coraggioso sovrano, da tutti premiato per la sua caratura e, soprattutto, per essersi fatto portatore di pace nel mondo. Un mondo che Obama, depositario di somma bontà, avrebbe voluto tutto uguale al suo regno, pacifico e gioviale, con i bimbi di tutte le razze che si tengono per mano, come nelle pubblicità dell’UNICEF.

E per fare ciò si era impegnato affinché gli succedesse la più nobile delle pulzelle, Hillary Clinton, anch’essa alfiere di pace e libertà. E tutto sarebbe andato per il meglio se non fosse che il maligno Trump, cattivo, razzista e guerrafondaio riuscì con un inganno (aiutato dal patto stipulato col sangue in cui cedeva l’anima al demone Putin) a prendere il posto della bella Hillary imponendo su quel regno felice la sua aura di terrore, disperazione e morte.

Suona bene come trama no? Magari potrebbe uscirne un bel lavoro autoprodotto finanziato dallo star-system hollywoodiano, con Meryl Streep a fare la Clinton e Robert DeNiro a interpretare il cattivo Trump (il buon Bob si dovrà accontentare non avendo il physique du rôle per fare Obama). Alle musiche Madonna e l’orgoglio nazionale, i tre ragazzi de “Il Volo”.

Il cast potrebbe di certo allargarsi a dismisura perché aumentano ogni giorno le anime candide che, essendo espressione delle arti e della cultura, si sentono in dovere di lanciare la predica allo stupido popolino che guarda il football e le arti marziali miste (per info chiedere proprio a Meryl Streep) attaccando da ogni parte il “populista e xenofobo” Trump, espressione della pancia del Paese, dell’America profonda, di un ammasso di “miserabili”, per dirlo con le eleganti parole clintoniane.

Uno sforzo encomiabile quello dei paladini del politicamente corretto nella lotta contro il nemico. Peccato però che non sempre si sia palesata questa loro improvvisa vocazione. Partendo, per esempio, proprio dalla tanto acclamata Meryl Streep non si può non notare come, tutta questa insofferenza e questo “impegno politico” non trasparissero durante l’amministrazione Obama quando ha accettato, tra mille sorrisi, la “medaglia della libertà” consegnatale nel 2014 proprio dal presidente.

Eppure bisognerebbe essere ciechi per non vedere le storture di un governo, quello del dem al comando dal 2008 ad oggi, che è stato responsabile di innumerevoli bombardamenti in Libia, Siria, Afghanistan, Yemen, Pakistan, Somalia, Iraq; un governo sotto il quale la soglia dello scontro razziale negli USA è salita a livelli da anni ’60; con una situazione sociale al collasso, una palese perdita di forza geopolitica e che, come riportato da il Giornale, secondo una recente inchiesta del “Congressional Research Service” ha venduto più di 200 miliardi di dollari di armi per lo più proprio in Medioriente.

Potrebbe essere che questi non siano temi che interessino la grande attrice, però come si può conciliare il magnificente discorso tenuto dalla Streep alla cerimonia di consegna dei Golden Globes (nel quale faceva un elogio degli “stranieri”) con l’espulsione di 2,5 milioni di clandestini? Sì perché, mentre Trump promette (giustamente) di espellere 3 milioni di irregolari, l’amministrazione Obama ne ha già sbattuti fuori 2,5. Dov’era quindi durante questi anni Meryl Streep? Troppo impegnata in progetti cinematografici? O solo distratta?

Domande che sarebbe bello venissero poste anche a George Clooney, che ha appoggiato pubblicamente la Streep nel suo discorso e ha, proprio recentemente, elogiato col termine “eroi” i caschi bianchi, quelli che in Siria sono spessissimo collegati ai gruppi terroristici e (in tal caso) sembrerebbero essere soliti avvelenare i pozzi d’acqua. Davvero, George, eroi?

E come non citare la pop star Madonna che si era spesa anima, corpo… e bocca (salvo poi lasciare insoddisfatti milioni di elettori clintoniani dopo la sua promessa “piccante”) per la Clinton e che sempre ha attaccato Donald Trump facendosi paladina del femminismo da contrapporre allo squallido sessismo del tycoon.

Lodevole intento quello della lotta per i diritti delle donne ma, ingenuamente, verrebbe da chiedersi come mai non si era palesato tale spirito battagliero quando la nota cantante ha tenuto il suo concerto ad Abu Dhabi? Forse le lapidazioni, sempre più frequenti per le donne ree di adulterio negli Emirati Arabi, non l’hanno colpita come le vanterie da bar del vecchio Donald?

Menzione finale per i nostri portabandiera, il trio de “Il Volo”. “Non possiamo appoggiare un uomo che ha basato la sua ascesa politica sul populismo oltre che su atteggiamenti xenofobi e razzisti” hanno detto, rifiutandosi di cantare per il neopresidente alla cerimonia di insediamento.

Anche qui emerge l’ipocrisia messa già in luce da Vittorio Sgarbi in due video diventati virali nei quali il critico d’arte aveva sottolineato come i tre ragazzi avessero avuto più volte rapporti con personaggi che dovrebbero, dal loro punto di vista, essere “impresentabili” come il loro ex agente, amico di Trump e quello attuale, su cui pesa l’ombra dell’evasione fiscale.

A questo va aggiunto poi, lo stesso discorso fatto per Madonna. Se non si canta per chi non si apprezza, dobbiamo credere che il trio appoggi le politiche degli Emirati Arabi vista la loro tappa musicale di Dubai?

L’elenco delle ipocrisie artistiche potrebbe continuare molto a lungo, ma per pietà è forse meglio fermarsi. Non basta tutta la pietà di questo mondo però per non notare il solito atteggiamento ambiguo delle anime belle, pronte a condannare presunti atteggiamenti “xenofobi” (del tutto opinabili), pronti a farsi paladini contro il “populismo” e pronti allo stesso modo a perdonare bombe, avvelenamenti, soprusi e lapidazioni. È la nuova morale dello star-system, baby.

(di Simone De Rosa)