Fin dalle sue origini, il capitalismo ha rivelato una profonda affinità col nomadismo internazionale. Già Adam Smith diceva che la vera patria del commerciante è quella dove può realizzare il massimo profitto. Prendere posizione a favore del principio del “lasciar fare, lasciar passare”, cioè della libera circolazione di uomini e merci, così come ha sempre fatto il capitalismo liberale, significa mantenere le frontiere per gli inesistenti.
Dal punto di vista della Forma-Capitale, la Terra non è che un immenso mercato che la logica del profitto ha la vocazione di scoprire integralmente, impegnandosi in una perpetua fuga in avanti. Il capitalismo, come aveva ben visto Marx, riguarda tutto ciò che ostacola questa fuga in avanti in quanto ostacolo da far sparire. In questa prospettiva, il ricorso all’immigrazione appare come un mezzo per mantenere bassi i salari e le conquiste sociali dei lavoratori autoctoni. È in questo senso che l’immigrazione costituisce “un’armata di riserva del capitale” bella e buona.
Il paradosso è che molti avversari del capitalismo vorrebbero vedere continuare l’immigrazione, perché s’immaginano di trovare nella massa degli immigrati una sorta di proletariato di ricambio. È una delle varie incongruenze».
(di Alain De Benoist)