Il realismo di Habermas e Craxi contro il “Sogno Europeo”

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Sull’Europa e sulla questione della sua identità, il sociologo tedesco Jürgen Habermas si pone in contrasto sia con gli euroscettici, rappresentati oggi da Marine Le Pen, Marion Le Pen e Matteo Salvini, sia con gli europeisti convinti tout-court, rappresentati un tempo da François Mitterrand ed oggi da Matteo Renzi, Angela Merkel, Gert Wilders e Wolfgang Schäuble. 

Gli euroscettici – sin dalla fine degli anni ’80, in cui si venne a delinearsi il cosiddetto “sogno europeo” – hanno avuto la ferrea e insindacabile convinzione che l’Europa fosse un’ entità priva di un qualsiasi valore ed identità al di fuori del denaro, della turbo-finanza e della burocrazia dei “capoccia” di Bruxelles. Gli europeisti invece sono parte integrante del sistema quindi incapaci – per malafede e affiliazione ideologica – di vedere le ormai sempre più palesi problematiche interne a questa Unione Europea. 

Ad entrambe le fazioni ideologiche, Habermas risponde che il problema dell’Europa non è la sua identità in sé, bensì l’assenza di condizioni tali da far si che si venga a creare una sorta di integrazione di una comunità, quella europea, assolutamente disomogenea su tutti i fronti. Questa integrazione delle diverse comunità europee, secondo Habermas, non deve avvenire solo ed esclusivamente tramite procedure burocratiche e norme al limite del ridicolo – non ultime, ad esempio, quella della produzione di formaggi con il latte in polvere – bensì attraverso un reciproco rispetto e riconoscimento delle diversità in seno ai singoli Stati europei. 

Nel contesto attuale della globalizzazione sfrenata, Habermas critica il modello neoliberista sfrenato che ha portato ad un progressivo peggioramento dei diritti dei lavoratori – come dimostra la rimozione dell’Articolo 18 – e ad un massiccio incremento del peso economico delle multinazionali sul panorama dei mercati e finanziario, il tutto rigorosamente a danno delle piccole-medie imprese e delle risorse energetiche del continente africano, sempre più cinicamente sfruttato ed impoverito tanto da far scaturire ingenti ed insostenibili fenomeni di immigrazione come quelli odierni, che minano alla concorrenza leale tra forze operaie e favoriscono, non poco, giochi di ribassi dei salari. 

Il pensiero profetico di Jürgen Habermas si rispecchia perfettamente nella visione dell’”Europa che sarà” che delineò Bettino Craxi una trentina di anni fa. L’ex segretario socialista, infatti, aveva sapientemente e saggiamente capito il danno enorme che avrebbe compiuto la destra liberale dell’epoca, quella filo thatcheriana e reaganiana, nella costituzione del “sogno europeo”, ripreso a sua volta anche da Mitterand a discapito sempre più del socialismo, storicamente considerato un muro forte a fronte di tali politiche pre-confezionate secondo modello USA. 

Bettino Craxi intuì che, senza un argine al liberismo imperante propagato a macchia d’olio dopo il fatidico 09/11/1989, l’Europa che si sarebbe formata sarebbe stata una burocrazia tecnocratica avida, spregiudicata, lontanissima dai bisogni del proletariato e attenta maggiormente alla classe borghese.

Insomma, l’Europa di oggi, dove la burocrazia tecnocratica delle Merkel e degli Schäuble, figli ideologici della Lady di Ferro, si arroga il diritto di spolpare vive Nazioni sovrane come la Grecia con politiche di Austerity micidiali, imputare ad altre regole assurde che vanno contro gli interessi delle stesse sui mercati ed uniformare popoli e culture diverse sotto bandieruole utopistiche vomitevoli come “gli Stati Uniti d’Europa”, a scapito delle tradizioni, degli usi e costumi, della cultura locale e soprattutto della sovranità nazionale. 

E c’è a chi, questo degrado, purtroppo piace; le Generazioni Erasmus, i no borders un tanto al chilo e i paladini del conformismo nostrani.

(di Davide Pellegrino)

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