Gramsci, il futurismo e la rivoluzione

Gramsci, il futurismo e la rivoluzione

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«I futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto, senza preoccuparsi se le nuove creazioni, prodotte dalla loro attività, fossero nel complesso un’opera superiore a quella distrutta: hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio: hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista, quando i socialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione, quando i socialisti certamente non avevano una concezione altrettanto precisa nel campo della politica e dell’economia, quando i socialisti si sarebbero spaventati (e si vede dallo spavento attuale di molti di essi) al pensiero che bisognava spezzare la macchina del potere borghese nello Stato e nella fabbrica.

I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi: quando sostenevano i futuristi, i gruppi operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi, questi operai sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi». (Antonio Gramsci, Socialismo e fascismo. L’Ordine Nuovo. 1921-1922,Einaudi, Torino, 1966.)

20 Febbraio 1909, il mondo della Belle Epoque si arricchisce di un nuovo stimolo: il Futurismo. Le Figaro infatti pubblica il manifesto marinettiano. Filippo Tommaso Marinetti firma il Manifesto del Futurismo provando a esaltare i miti del loro tempo: la velocità e la dinamica, in contrapposizione a quello della psicanalisi e della sfiducia verso il progresso degli accademici tradizionalisti, come Carducci. Provando a risvegliare la gioventù italiana prima ed europea poi, rimasta ancora impantanata nelle accademie e nei musei, si tenta di farla uscire e a metterla in discussione, provocando con immagini dinamiche, poesie veloci e sculture plastiche.

Successivamente, a Milano, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla assieme ad altri artisti firmarono il Manifesto dei Pittori futuristi e poi il Manifesto tecnico della pittura futurista in cui si esaltava la tecnica e dichiarava la propria fiducia illimitata nel progresso decretando la fine delle ideologie passatiste, esaltando anche l’industria e la guerra, considerata come igiene dei popoli. Negli anni successivi, scoppiò la Grande Guerra e molti giovani artisti, ispirati dagli ideali apolitici ma bellici per ispirazione, del movimento partirono volontari. Molti, come Boccioni, persero la vita, altri, come cambiarono completamente strada: chi scelse il post-cubismo, chi il costruttivismo, chi il surrealismo.

Chi rimase ancora fedele all’ideale originario futurista, come il suo fondatore, Marinetti, il quale si unirà inizialmene con d’Annunzio a marciare su Fiume e successivamente fonderà il Partito Politico Futurista di impostazione socialista e anticlericale che confluirà nel marzo 1919 nei Fasci di Combattimento. Si iscrive così al partito mussoliniano pur ribadendo l’originalità del suo movimento rispetto a quello fascista. Lascerà il partito sul finire del 1920 per poi ritornare un lustro più tardi. Esaurita quest’esperienza, il fondatore futurista torna nel mondo letterario ma con un modesto successo e con la sua nuova compagna di vita, Benedetta Cappa, fonderà il Tattilismo, una sorta di futurismo multi-sensoriale.

Ma ora i suoi colleghi, anche francesi rimangono delusi e viene accolto molto tiepidamente a Parigi, anche perchè ormai vi era una nuova avanguardia a stimolare l’ambiente culturale europeo: il dadaismo. Altri post-futuristi ancora appoggiarono la Rivoluzione d’Ottobre seguendo le istanze di rottura e le posizioni rivoluzionarie di cui Gramsci parla. Analogamente, il futurismo italiano, ebbe al suo interno un’ala minoritaria politicamente schierato a sinistra, ignorata dalla storiografia del periodo. La maggior parte di quest’ala per i primi quindici anni del secolo fu collegata al mondo anarchico, formando una corrente anarcofuturista. Lo stesso Gramsci in una lettera a Trotzki ricorda come il futurismo ebbe una certa popolarità presso gli operai e la sua posizione fu articolata e non mancarono pesanti critiche verso molti nomi di spicco del futurismo, specie verso Marinetti stesso, soprattutto quando entrò dalla porta principale nei quadri fascisti.

Anche la gerarchia fascista riservò ai futuristi sottovalutazioni al limite del disprezzo e le loro osservazioni autoritaristiche e la poetica interventista fu quasi sempre presente negli artisti del gruppo, finché alcuni di questi non abbracciarono altri movimenti ben lontani dall’ideologia di regime, come ad esempio Carrà che divenne membro della metafisica. L’ideale provocatorio, interventista e anarchico del futurismo arrivò in Russia molto presto: fu tradotto e pubblicato a San Pietroburgo nel mese immanentemente successivo all’uscita su Le Figaro e iniziato da Natal’ja Sergeevna Gončarova e Michail Fëdorovič Larionov, il quale sarà definito “padre del futurismo russo” che venne chiamato raggismo, sorto sugli echi di quello italiano e condividendo le istanze già avanzate dall’artista lituano Mykolas Ciurljonis. Nel 1913, il pittore Kazimir Severinovič, il compositore Michail Matjušin e lo scrittore Aleksej Eliseevič Kručënych redassero il manifesto del Primo congresso Futurista russo. A tale movimento aderirono molte personalità, in particolar modo il poeta Vladimir Vladimirovič Majakovskij.

Lo stesso fondatore del movimento futurista, Filippo Tommaso Marinetti, si recò a Mosca per far divulgare l’ideale futurista, anticipato poco prima da Umberto Boccioni. Quando scoppiò pochi anni più tardi la rivoluzione, il movimento partorì due importanti avanguardie artistiche, in Russia: il Costruttivismo e il Suprematrismo. I giornali e il pubblico dedicarono a Marinetti molta attenzione ma non ci fu quella dei raggisti, i quali tentarono di ostacolare la visita in Russia dell’ideologo italiano.

Il suo temperamento e le sue declamazioni riscossero un successo ovunque. Egli stesso tentò invano di chiamare i futuristi russi a unirsi con quelli italiani poiché il movimento in Russia non fu caratterizzato dal bellicismo come quello in Italia, criticato così da Majakovskij, ma accompagnato da un’idea di pace e libertà sia individuale che collettiva, che si sarebbe poi concluso con l’adesione al bolscevismo.

Va rilevata quindi la differenza sostanziale dei due movimenti futuristici. Se quello italiano è nato per provocare le generazioni barbute e i barbosi accademici, provando a far dire qualcosa di effettivamente nuovo e di originale ai giovani artisti  – insomma provando a rivoluzionare una cultura italiana polverosa e appassita – quello russo è nato in un’epoca di rivoluzione culturale e sopratutto sociale: esso cantava la rivoluzione che era in atto, quello italiano illustrava invece quello che si sarebbe dovuto fare.

(di Giacomo Pellegrini)

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