Ode a Joseph Ratzinger, rivoluzionario silenzioso

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C’è troppo rumore. Troppo starnazzo e ipocrita terzomondismo. La carità cristiana sventolata ovunque e applicata in malo modo, ci perdoni Papa Francesco, a capo chino e da cattivi cristiani quali spesso siamo, gli  affermiamo una certa “disobbedienza”. Disobbediamo all’ ovvio che fa dire a tutti “ma che bel Papa”, alle frasi tipo “rubare è sbagliato” e “la fame è brutta”, a concetti ideali su cui tutti siamo d’accordo e che fanno sentire disadattato chi dissente non del modo, ma del metodo.

Chiediamo scusa a Papa Francesco. Ma in tutta questa fiera del positivismo fine a se stesso e applausi a scena aperta, rimpiangiamo Papa Ratzinger. Il suo silenzio, che oggi sa di rivoluzione. E finanche il Ratzinger “antipatico “di Ratisbona, con il coraggio di esser scomodo, di non piacere ai molti, il coraggio che fa andare i soliti retrogradi a ripescare foto di un Ratzinger bimbo in tenuta nazionalsocialista. In Germania negli anni ’30 era più facile trovare un bimbo in divisa nazionalsocialista che un uovo in un pollaio, mentre un Papa che afferma “prima che ad emigrare venga il diritto umano a non emigrare” evidenzia il senso di sconfitta che pervade le persone che lasciano la terra natia, la necessaria autodeterminazione dei popoli e delle risorse, e che la vera conquista è poter vivere e crescere nella propria terra.

Affermazioni che stridono e si elevano di fronte al verbo sterile quanto massimalista dell ‘accoglienza universale. A Ratzinger va il merito di mettersi in discussione, di non cercare l’appiamento religioso celato sotto il velo della pacificazione ma di evidenziare le legittime differenze interreligiose che sono la linfa vitale dei credi e la ragione stessa di esistere. Scoprirle equivale a valorizzare il buono e mettere in un angolo il fondamentalismo.

Nel caso dell’Islam, Ratzinger a Ratisbona nel 2006 cita sì l’Imperatore bizantino Manuele il Paleologo e il dialogo dove afferma che Maometto ha introdotto solo “cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede”; ma ci si dimentica di dire che Benedetto XVI lo fece dopo aver aperto una discussione chiamata “Contro ogni violenza ed ogni guerra santa: la spada e la ragione“, e soprattutto dopo aver condannato in primis i crimini e le violenze cristiane.

Questa polemica inutile quanto gonfiata non solo mettera’ in cattiva luce Papa Ratzinger, ma sarà una delle cause, a detta dei molti, delle sue storiche dimissioni. Benedetto non è un tradizionalista ortodosso nè una specie di crociato. Chi cerca di affermare questo forza la mano, e dimentica che Joseph Ratzinger, prima di tutto, è un teologo. In quanto tale, si approccia al Cristianesimo e alle religioni non in maniera superficiale e adatta per tutte le stagioni, ma con metodo spirituale, e questo per quanto possa sembrare una cosa “esclusivista” è invece una garanzia.

La volontà del capo della Chiesa a volere un clero che si rispecchi totalmente nei valori della Bibbia e del Vangelo.Benedetto afferma che “la Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del Cristianesimo.”

In rispetto di queste parole il pontificato di Ratzinger è stato segnato da serie riforme e un da un tentativo netto di cambiare i vertici del vero tesoro della chiesa, che non è ne un “simbolico” crocifisso di oro sostituito con uno in pietra (gesto che va bene solo a livello mediatico ma che non cambia molto la sostanza). Più di tutto, Ratzinger tento’ di metter mano alla banca vaticana, allo IOR. Chiese di seguire di persona il cambio dei vertici, come dimostrano molti documenti pubblicati dal recente libro di Gianluigi Nuzzi, e ha provato a dipanare quella quantità di polvere eccessiva messa sotto il tappeto, legata da un filo rosso che collega alcuni fondi dello Ior con il traffico d’armi.

Da quel momento Papa Ratzinger verra’ fatto oggetto di un vero e proprio attacco mediatico. Echeggieranno improvvisamente dalle mura vaticane lotte interne e correnti tra vescovi e cardinali, lotte che vanno avanti da centinaia di anni ,ma utili a mettere il successore di Pietro nel mirino di giornali e telegiornali. Contemporaneamente scoppiava il caso di pedofilia tra i vescovi irlandesi. Ratzinger verra’ accusato di omertà, e nel 2011 denunciato dalle vittime per crimini contro l’umanità. Salvo poi scoprire , a dimissioni avvenute, che Benedetto XVI si stava occupando di quel caso dal 1998, da quando era cardinale e aveva fatto più di una pressione per le dimissioni dei vescovi interessati.

Non passera’ molto tempo e trapeleranno altre voti, addirittura un successivo documento dove si parlava di un piano per uccidere il Papa tedesco, accompagnato dalla bomba Vatileaks e del maggiordomo “corvo” del Pontefice. Una tempesta troppo perfetta che, insieme al discorso di Ratisbona, costringerà un Papa coraggioso e vero rivoluzionario alle clamorose dimissioni. Papa Ratzinger aveva toccato davvero i nervi scoperti della Chiesa.

Poco tempo prima dell’abbandono, dirà: “Ogni vero riformatore è un obbediente della fede: non si muove in maniera arbitraria, né si arroga alcuna discrezionalità sul rito; non è il padrone, ma il custode del tesoro istituito dal Signore e a noi affidato. La Chiesa intera è presente in ogni liturgia: aderire alla sua forma è condizione di autenticità di ciò che si celebra”. Così Benedetto denuncerà la guerra cardinilizia che interessava i vari appalti interni al Vaticano. Sarà l’ultimo gesto di un Papa sempre più solo, che rassegnera le dimissioni l 11 febbraio del 2013.

Ratzinger è stato il capo di una Chiesa che ha fatto la Chiesa. Troppo facile denunciare le ingerenze sui temi etici e non gli interventi su temi politici, o a gamba tesa in una corsa elettorale. Il papato di Ratzinger non ha fatto nè l’uno nè l’altro. Ha fatto solo quello che compete a qualsiasi istituzione religiosa.

La Chiesa cattolica non può modificare la sua natura, in quanto non obbliga nessuno a farne parte. La si può guardare da laico o da credente, dare giudizi. Ma chiederle di cambiare non è nulla di rivoluzionario: è solo totalitarismo celato. Ratzinger ha dato molto alla spiritualità e poco al materiale, lontano quanto basta dal teatro mediatico come fenomeno fine a se stesso.

È paradossale che questa dote applicata ad altri credi (vedi buddismo) venga esaltata laddove nella Chiesa invece venga etichettata come chiusura mentale. La purezza della spiritualità non può essere recepita seguendo mezze misure: o lo è sempre, oppure mai. L’impressione è che oggi , invece, ci sia un grande movimento in superficie, un cambiamento sempre annunciato e mai nella sostanza applicato. Una Chiesa cattolica che cambia (male) nella forma e tenta di imbarcare qualsiasi soggetto pur di far numero. Per farsi accettare da tutto e da tutti. E non c’è nulla di più anomalo e pericoloso del farsi mutare dall’esterno. Una finta rivoluzione che in sostanza non avviene e non avverrà. Papa Ratzinger stava iniziando invece una vera e propria rivoluzione dall’interno, radicale, senza fasti, silenziosa e senza annunci. Per questo ci manca lui, riformatore silenzioso che un giorno rimpiangeremo e valorizzeremo molto più di oggi.

(di Luigi Ciancio)

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