L’Old Firm, molto più di un Derby

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Glasgow, un giorno di primavera inoltrata. La “Jungle“, il settore più caldo dei tifosi, e’ piena all’inverosimile.

E’ il ventesimo minuto del primo tempo e dal lato sinistro della gradinata un gruppo di ragazzi fa partire l’ennesimo coro rivolto allo spicchio di stadio che ospita i tifosi dei Rangers: una chiazza rosso e blu, una bandiera britannica a persona, un effetto mozzafiato. – Slaves! Slaves! – (servi! Servi!), il coro dopo pochi secondi coinvolge tutto lo stadio e diventa un boato che racchiude in sé livore ed esaltazione. E’ un derby, è Celtic Glasgow-Glasgow Rangers e ci stiamo godendo lo spettacolo. Siamo troppo occupati a guardare lo stadio e non ci accorgiamo che in campo il Celtic si porta in vantaggio. Sul Celtic Park cala l’apocalisse, il boato ci stordisce, la calca ci porta tre file più in basso quasi in braccio ad un tipo sul quintale: sudore al sapore di Tennent’s doppio malto, sul suo avambraccio sono tatuati tutti insieme appassionatamente: un trifoglio, Che Guevara, Papa Giovanni Paolo II e Bobby Sands. Avete letto bene, nessun anomalia, signore e signori. Questo non è un incontro di calcio, tutto questo ha un nome : Old Firm, il derby più passionale al mondo“.

Tale partita è considerata unica per le implicazioni politiche, sociali e religiose che la caratterizzano dalla notte dei tempi. Queste componenti fanno della partita un evento atteso non solo dalla città di Glasgow, non solo dalla Scozia, ma da intere comunità etniche e religiose.

Per capire il perché di questa rivalità occorre fare un salto indietro nel tempo di circa 1600 anni, ricercandolo nella tradizione cattolica irlandese. L’Irlanda venne convertita al cattolicesimo da San Patrizio nel 432 e i cittadini vissero in quiete fino al medioevo, quando, in seguito all’occupazione inglese, i cattolici vennero ridotti in condizione di semi-schiavitù. Nel 1501 i colonizzatori anglicani si distinsero per la brutalità e la violenza nei confronti di chi continuò a professare la religione cattolica e nel 1690 arrivarono ad affermarsi in tutta l’Irlanda, fino all’attuale Ulster.

Il regime violento costrinse molti irlandesi cattolici ad abbandonare la propria terra, soprattutto a partire dalla metà dell’800. Essi si rifugiarono prevalentemente negli Stati Uniti e in Scozia, in particolare a Glasgow, che vide modificare nettamente il proprio tessuto sociale. Verso la fine del XIX secolo la città contava un quarto di popolazione di religione cattolica e le marcate differenze sociali non aiutarono l’integrazione, soprattutto la differenza religiosa, portando i cattolici ad una progressiva emarginazione.

A metà degli anni settanta il conflitto in Ulster provocò effetti collaterali anche nell’Old Firm: dove la tifoseria del Celtic iniziò a portare allo stadio bandiere irlandesi, del vaticano e dell’IRA (Irish Repubblican Army). Nella Jungle si intonarono per la prima volta i canti dei movimenti nazionalisti irlandesi come “oh father why are you so sad?”, canto che ricorda la “rivolta di Pasqua” in Irlanda del 1919, soffocata con il sangue dall’esercito di sua maestà. Si fanno più frequenti anche gli incontri ravvicinati tra le due tifoserie di Glasgow, Celtic e Rangers, dove ad avere la peggio, di solito, sono proprio i tifosi cattolici, meno inclini alla violenza e agli atti di hooliganismo.

Infine, va ricordato il buon rapporto dei tifosi del Celtic con la Kop, la curva dei tifosi Liverpool, altra città con forte presenza di immigrati irlandesi spesso presenti all’Old Firm per dare man forte ai supportes biancoverdi.

E’ il 1872 quando nella città di Glasgow alcuni ragazzi esprimono il desiderio di fondare una squadra di calcio. Anche se non dispongono né di finanze né di attrezzature: come campo, divise e palloni. I quattro ragazzi sono Peter Mc Neill e suo fratello Moses, Peter Campbell e William McBeath. Da quell’umile pensiero nascerà una delle squadre più famose dello scenario calcistico internazionale. La prima partita dei Glasgow Rangers Football Club si disputerà il 10 ottobre 1872 contro il Callender e finirà con uno scialbo 0 a 0. Il nome Rangers verrà preso in prestito da una squadra di rugby inglese per cui simpatizzavano i fratelli Mc Neill, così come i colori sociali: l’inconfondibile “light blue”.

Dopo qualche anno i Rangers diventano società ufficiale e incaricano l’architetto Archibald Leicht per la progettazione dello stadio. Nascerà così Ibrox Park, uno stadio dove la capienza ufficiale è di 15’000 spettatori, ma nel derby con il Celtic arriverà a contenerne anche 37’000.

I dirigenti del Rangers da sempre sono legati all’oltranzismo orangista, lealista e anti-papista, idem i propri tifosi, a differenza di quelli del Celtic più facinorosi e dediti alla violenza, tanto da essere denominati huns (unni). Vicini all’estrema destra scozzese, unionisti e monarchici, in buoni rapporti con molti esponenti del National Front inglese, si legano alla squadra minore e protestante di Belfast , il Linfield, ma soprattutto vantano un rapporto inossidabile sia con i “cacciatori di teste” del Chelsea, che con i “macellai” del Milwall. Tifoserie che da sempre strizzano l’occhio al neonazismo e che vantano la propensione a creare il caos in ogni città dove gioca la squadra del cuore, fenomeno ormai pressoché scomparso a causa del “rapporto Taylor”.

I tifosi dei “blues” nell’Old Firm non perdono mai occasione per rivendicare le radici orangiste e protestanti: Union Jack, bandiere dell’Irlanda del Nord, segno “o” con la mano (simbolo dell’Ulster), si sprecano nel giorno del derby. Così come i cori che ricordano la vittoria di Guglielmo d’Orange sui cattolici irlandesi indipendentisti nel 1690 a Boyne o “the Fife” e “rule Britannia”.

Questo e molto altro rappresenta l’Old Firm: un rito sacro e pagano, una pagina di storia, ma mai una semplice partita di calcio.

(di Luigi Ciancio)

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